MINORI - Carta di Civitanova Marche, criteri di tutela dei diritti relazionali del minore e buone prassi per l'attuazione dei provvedimenti giursidizionali.

CARTA DI CIVITANOVA MARCHE 01.12.2012- Linee d'indirizzo e buone prassi in materia di disciplina dei provvedimenti relativi ai diritti di relazione dei minori.

CARTA DI CIVITANOVA MARCHE 01.12.2012- Linee d'indirizzo e buone prassi in materia di disciplina dei provvedimenti relativi ai diritti di relazione dei minori.

Quali cautele adottare prima di ricorrere alla coercizione in materia minorile?
Si verifica una sorta di effetto lesivo per il trascorrere del tempo nei confronti di un bambino molto piccolo, rispetto a quello che concerne un adolescente, in caso di provvedimenti ablativi?
Esiste un diritto del/la bambino/a, capace di discernimento, a ricevere informazioni sulla sua vicenda e a venire consultato/a per esprimere la propria opinione, prima di una decisione del giudice che lo/a riguardi?
L'operatore chiamato a dare attuazione a un decreto che riguardi il/la minore può in qualche caso opporvisi?
È configurabile un diritto del/la bambina/o a essere educata/o nella propria famiglia?
In ipotesi di affidamento extrafamiliare o d'inserimento in una comunità educativa diurna o residenziale o familiare, va redatto un progetto educativo individuale?
La famiglia affidataria e/o la comunità di accoglienza sono tenute a collaborare o no per il mantenimento e la cura del rapporto del/della minore con i suoi genitori?
A queste e ad altri delicati quesiti la Carta fornisce risposte chiare, concise e pratiche, ad uso di magistrati, avvocati, operatori socio-sanitari, c.t.p. e c.t.u., assistenti sociali e forze dell'ordine.

C a r t a  d i  C i v i t a n o v a  M a r c h e

«INDIRIZZI GIURIDICI PER L’APPLICAZIONE DELLE DECISIONI GIUDIZIARIE
IN TEMA DI TUTELA DEI DIRITTI RELAZIONALI DEL/DELLA MINORE
E REPERTORIO DI BUONE PRASSI PSICOLOGICHE E SOCIO-SANITARIE
PER L’ATTUAZIONE DEI PROVVEDIMENTI GIUDIZIALI
IN TEMA DI TUTELA DEI DIRITTI ANCHE RELAZIONALI DEL/LA MINORE A RISCHIO DI PREGIUDIZIO»

Premessa
La CARTA di CIVITANOVA MARCHE si articola in due Sezioni.

- La prima riguarda linee di indirizzo giuridico formulate sulla base della normativa internazionale e nazionale, della giurisprudenza della Corte EDU e della Cassazione, sviluppatasi per la tutela giurisdizionale effettiva dei diritti relazionali di adulti, bambine e bambini, adolescenti.
Essa si rivolge in primo luogo a giudici, pubblici ministeri, avvocati, consulenti, chiamati, ciascuno nello svolgimento del suo ruolo, ad adottare decisioni, sollecitare provvedimenti nell’ambito di un procedimento giudiziario.
- La seconda presenta un repertorio di buone prassi da adottare nelle decisioni dei servizi socio sanitari ed autorità amministrative (si pensi ai provvedimenti di allontanamento ex art. 403 c.c.), per sostenere e proteggere i diritti fondamentali del fanciullo a sviluppare la propria personalità anche nell’ambito della famiglia, cioè di quella formazione sociale in cui ogni fanciullo ha il diritto di crescere ed essere educato, nonché rispettato.
Va ricordato che il principio guida di ogni decisione che coinvolge i minori è quello stabilito dall'art. 3 della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo, che recita: "In tutte le decisioni relative ai fanciulli, di competenza sia delle istituzioni pubbliche o private di assistenza sociale, dei tribunali, delle autorità amministrative o degli organi legislativi, l'interesse superiore del fanciullo deve avere una considerazione preminente”.
Le linee di indirizzo proposte sono il frutto di una ricognizione di orientamenti giurisprudenziali e buone prassi delle procure e dei tribunali, dei servizi ed autorità amministrative e delle Forze dell’Ordine (si pensi ai provvedimenti di allontanamento ex art. 403 c.c.), applicate ad un tema delicato: la tutela effettiva dei diritti relazionali nel rispetto della vita familiare delle persone interessate, i genitori ed il figlio/la figlia minore.
La loro raccolta ed elaborazione è offerta - dal gruppo multi professionale che se n'è fatto carico - all'attenzione, degli avvocati e dei magistrati requirenti e giudicanti, di tutti gli operatori dei servizi socio sanitari chiamati ad assumere decisioni e provvedimenti per la tutela dei diritti relazionali, soprattutto quelle riguardanti l'attuazione di una decisione di allontanamento, di modifica di una situazione di vita familiare valutata come lesiva dei diritti fondamentali del bambino/a - adolescente interessati dal provvedimento da attuare.

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PARTE I - Linee di indirizzo giuridico formulate sulla base della normativa internazionale e nazionale, della giurisprudenza della Corte EDU e della Cassazione sviluppatasi per la tutela giurisdizionale effettiva dei diritti relazionali di adulti, bambine e bambini, adolescenti.

A - Attuazione dei provvedimenti giurisdizionali di tutela dei diritti relazionali dei bambini e delle bambine

1. I diritti relazionali
La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità (art. 2 cost.). Per queste ragioni la dimensione giuridica delle relazioni personali - familiari ha acquisito una pregnanza sconosciuta al codice civile del 1942, implementata dai nuovi contenuti via via riconosciuti dalla normativa internazionale e nazionale [nota 1: tra le più rilevanti: la Convenzione Europea sui Diritti Umani –CEDU – ratificata con la legge n. 848 del 1950; la Convenzione di New York del 20 novembre 1989 sui diritti del fanciullo (ratificata con la legge n. 176 del 1991); la Convenzione di Strasburgo del 25 gennaio 1996 sull’esercizio dei diritti dei minori (ratificata con legge n. 77 del 2003].
Il diritto relazionale della personalità riguardante il rapporto tra genitori e prole (artt. 8 CEDU, artt. 5, 7; 8, comma 1°; 9 e 10 Convenzione di NewYork; art. 30 cost.; 147 c.c.; art. 1 legge n. 183 del 1984 come modificata dalla legge n. 149 del 2001) si realizza nella cura materiale e morale dei primi per i figli, che a loro volta hanno il diritto di sviluppare la loro personalità, e dunque di crescere ed essere educati nell’ambito della propria famiglia e di non essere separato dai propri genitori. L’art. 16 della Convenzione di New York sottolinea inoltre il diritto di non essere oggetto di interferenze arbitrarie nella vita privata e familiare, diritto più generalmente stabilito anche dall’art. 8 CEDU.
Da ultimo la legge 8 febbraio 2006 n. 54 (Disposizioni in materia di separazione dei genitori ed affidamento condiviso dei figli) ha modificato il codice civile riconoscendo nell’articolo 155 il diritto del/la figlio/a minore all’affido condiviso, e cioè a mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascun genitore anche in caso di separazione personale, di scioglimento, di annullamento, di cessazione degli effetti civili del matrimonio, nonché in caso di rottura dell’unità della famiglia di fatto (artt. 1 e 4).
La stessa legge n. 54 ha individuato con la nuova disposizione di cui all’art. 155 bis c.c. (in relazione all’art. 9 della Convenzione di New York) il diritto di ciascun genitore di non essere separato contro la sua volontà dal/la figlio/a minore a meno che il giudice non decida, con provvedimento motivato, nell’interesse del/la minore, l’affido esclusivo del/la stesso/a ad uno solo dei genitori.
In definitiva una relazione personale si configura come diritto relazionale biunivoco quando la legge la riconosce nell’ambito di uno schema tipico generale dei rapporti, schema funzionale al rispetto della dignità delle persone interessate ed al soddisfacimento delle loro esigenze fondamentali.

2. Peculiarità della tutela giurisdizionale dei diritti relazionali
La corrispondenza biunivoca tra i diritti relazionali della personalità mette in rilievo la peculiarità della tutela giurisdizionale in caso di conflitto in materia di affidamento di un minore. Non si tratta di attribuire la prevalenza di un soggetto, ivi compreso il/la figlio/a minore, nei confronti dell’altro. Con la decisione infatti il giudice, accertate le dimensioni e la portata obbiettiva del conflitto, le conseguenze prodotte sugli interessi dei soggetti coinvolti, verifica se la relazione soddisfi i diritti inviolabili delle persone, modulandola inizialmente o, in caso di pregiudizi, modificandola convenientemente nell’interesse superiore del/la minore.

3. Tutela giudiziaria in caso di lesione del diritto del/la minore alla bigenitorialità
Va ricordato che, in caso di gravi inadempienze o di atti che comunque arrechino pregiudizio al minore figlio di genitori separati ledendo il suo diritto alla bigenitorialità come regolato dal giudice con i provvedimenti previsti dagli artt. 155 e ss. c.c., la legge prevede la tutela civile stabilita dall’art. 709 ter c.p.c comma 2°e 3°.
Questa si attua, in primo luogo, in via amministrativa (“provvedimenti opportuni”) con il ricorso ad “interventi di sostegno per i minori in situazioni di disagio tramite il sostegno al nucleo familiare di origine e l’inserimento presso famiglie, persone e strutture comunitarie di accoglienza di tipo familiare e per la promozione dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza” previsti dalla l. n. 328 del 2000 - Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali - art. 22 comma 2° lett. c) che devono essere “realizzati secondo le finalità delle leggi 4 maggio 1983 n. 184; 27 maggio 1991 n. 176; 15 febbraio 1996 n. 66; 28 agosto 1997 n. 285; 23 dicembre 1997 n. 451; 3 agosto 1998 n. 286; 31 dicembre 1998 n 451; del testo unico di cui al d.lgs. 25 luglio 1998 n. 286; delle disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni approvate dal d.p.r 22 settembre 1988 n. 448; nonché della legge 5 febbraio 1992 n. 104 per i minori disabili” (comma 3° stessa disposizione).
In secondo luogo, l’effettività della tutela è assicurata dalla coercizione indiretta (tutela inibitoria) generalmente disciplinata dall’art. 614 bis c.p.c e specificamente stabilita dall’art. 709 ter comma 2°e 3°c.p.c.

4. Attuazione degli obblighi di non fare infungibile o di non fare
Va ricordato altresì che gli “interventi di sostegno per i minori in situazioni di disagio per la promozione dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza” non sono forme di esecuzione di un provvedimento giudiziario che incide sui diritti relazionali dei fanciulli, delle fanciulle e dei loro genitori e/o stretti congiunti, ma concorrono all’attuazione di tali provvedimenti, associando l’intervento di sostegno per la promozione dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza all’autoritatività propria dei provvedimenti giudiziari, la cui coercibilità, secondo il nuovo sistema introdotto dalla legge 18 giugno 2009 n. 69 con l’art. 614 bis nel Titolo IV (obblighi di fare e non fare) del Libro III (del processo di esecuzione) del c.p.c. è solo indiretta, trattandosi di obblighi di fare infungibile o di non fare.
Pertanto gli interventi di sostegno per loro natura si svolgono sotto l’egida del principio di beneficità e nell’ambito del regime del consenso informato. Non va poi dimenticato che il/la bambino/a e l’adolescente a loro volta hanno il diritto, non il dovere, alla bigenitorialità (art. 155 comma 1°c.c.) ed è loro specificamente riconosciuto dall’art. 16 della Convenzione di New York al pari degli adulti (art. 8 CEDU) il diritto alla protezione della legge contro interferenze arbitrarie o illegali nella vita familiare.

5. Diritto alla autodeterminazione del fanciullo
Secondo la giurisprudenza della Corte EDU infatti «l’obbligo di ricorrere alla coercizione non può che essere limitato. Le autorità, devono tener conto degli interessi, nonché dei diritti e delle libertà di dette persone, ed in particolare dell’interesse superiore del minore e dei diritti riconosciuti al medesimo dall’art. 8 della Convenzione. Come costantemente sancito dalla giurisprudenza della Corte, è necessaria grande prudenza prima di ricorrere alla coercizione in una materia così delicata (sent. 22 novembre 2005 Reigado Ramos c. Portogallo, r. n. 73229/01 § 54) e l’art. 8 della Convenzione non autorizza i genitori a far adottare misure pregiudizievoli per la salute e lo sviluppo del minore. Il punto decisivo consiste dunque nell’appurare se le autorità nazionali abbiano adottato, allo scopo di facilitare il riavvicinamento, ogni misura necessarie e ragionevolmente esigibile nel caso specifico (§ 54)“.
In definitiva, considerata l’infungibilità della collaborazione indispensabile per la realizzazione della vita familiare, il rispetto effettivo di tale diritto relazionale da parte delle autorità consiste nell’adozione di ogni misura necessaria e ragionevolmente esigibile nel caso specifico. Va dunque stabilito un giusto equilibrio tra l’interesse del figlio a vivere senza forti sollecitazioni emotive e quello del genitore non affidatario a mantenere con lui rapporti frequenti. Le misure adottate debbono essere rapidamente eseguite (Corte EDU, 2003 Maire c. Portogallo, r. n. 48206/99 - (§ 74), perché il tempo inevitabilmente incide in modo rilevante, e talvolta decisivo, sulla vitalità delle relazioni affettive e familiari, soprattutto quando i soggetti interessati sono in tenera età. Infatti l’effetto lesivo del trascorrere del tempo (per esempio un anno) nei confronti di un bambino molto piccolo è ben diverso da quello che può prodursi nei confronti di un adolescente (Corte EDU sent. 27. 04. 2010, Moretti e Benedetti c. Italia, r. n. 16318/07, § 70).
In applicazione di tali disposizioni internazionali, sul rilievo da attribuire all’interesse del/la figlio/a minore rispetto alla pretesa del genitore di esercitare il c.d “diritto di visita” va ricordato un’importante principio di diritto dettato dalla Corte di Cassazione: La circostanza che un figlio minore divenuto oramai adolescente e perfettamente consapevole dei propri sentimenti e delle loro motivazioni provi nei confronti del genitore non affidatario avversione o addirittura ripulsa – a tal punto radicati da doversi escludere che possano essere rimossi nonostante il supporto di strutture sociali o psicopedagogiche – costituisce fatto idoneo a giustificare anche la totale sospensione degli incontri tra il minore stesso ed il genitore non affidatario. Tale sospensione può essere disposta indipendentemente dalle eventuali responsabilità di ciascuno dei genitori rispetto all’atteggiamento del figlio, ed indipendentemente anche dalla fondatezza delle motivazioni addotte da quest’ultimo per giustificare detti sentimenti, dei quali vanno solo valutate la profondità e l’intensità al fine di prevedere se disporre il prosieguo degli incontri con il genitore avversato potrebbe portare ad un superamento senza gravi traumi della sua animosità iniziale, ovvero ad una dannosa radicalizzazione della stessa (Cass. sez. I, sent. 15. 01. 1998 n. 317).

6. L’ascolto del minore e la rilevanza nel processo dei suoi diritti
L’ascolto del/la minore avente un sufficiente discernimento nell’ambito di un procedimento giudiziario che lo riguarda, secondo la Convenzione Europea sull’esercizio dei diritti dei fanciulli (Strasburgo 25 gennaio 1996 – ratificata con l. n. 77 del 2003) costituisce un vero e proprio diritto processuale del/la minore stesso/a che si articola in forme, facoltà e doveri ben precisi.
L’art. 3 precisa che il/la bambino/a capace di discernimento deve: a) ricevere tutte le informazioni pertinenti; b) essere consultato/a ed esprimere la propria opinione; c) essere informato/a sulle possibili conseguenze delle aspirazioni da lui/lei manifestate e delle possibili conseguenze di ogni decisione.
L’art. 4 prevede poi che il/la minore ha il diritto di chiedere personalmente o tramite altre persone o organismi la nomina di un rappresentante nel procedimento che lo/la riguarda quando la legge nazionale priva i detentori delle responsabilità di genitori della facoltà di rappresentarlo a causa di un conflitto d’interessi. Nel nostro paese l’art. 78 c.p.c. stabilisce che in caso di conflitto d’interessi oltre che dal/la minore stesso tale istanza possa essere presentata al giudice dal pubblico ministero, dai prossimi congiunti. L’art. 10 della Convenzione di Strasburgo precisa che spetta al rappresentante così nominato fornire al/la minore le informazioni e spiegazioni di cui all’art. 3 o eventualmente recepire la sua opinione informata e portarla a conoscenza del giudice (art. 10).
L’art. 6 (stessa Convenzione) stabilisce che il giudice prima di adottare una decisione deve: a) verificare se dispone di informazioni sufficienti per una decisione nell’interesse superiore del/la minore assumendole in particolare dai titolari della responsabilità genitoriale; b) dopo aver accertato che il/la minore in concreto capace di discernimento dispone delle informazioni pertinenti, consultare il/la minore di persona, se necessario in privato (dunque non alla presenza delle parti e dei rispettivi difensori), oppure tramite altre persone, in forma adeguata al suo discernimento a meno che ciò non sia manifestamente contrario al suo interesse, e permettergli di esprimere la sua opinione.
Secondo la giurisprudenza di legittimità (Cass. sez. 1 sentenza n. 7282 del 2010) l’ascolto del/la minore non può essere qualificato come un atto d’indagine, ovvero come un accertamento su di lui rientrante nella categoria di quelli rivolti a convincere il giudice in ordine alla sussistenza o meno di determinati fatti storici, bensì come strumento diretto a raccogliere le opinioni, nonché le valutazioni ed esigenze rappresentate dal minore in merito alla vicenda in cui è coinvolto; nel contempo per consentire al giudice di percepire con immediatezza, attraverso la voce del minore e nella misura consentita dalla sua maturità psicofisica, le esigenze di tutela dei suoi primari interessi.
E’ importante, per meglio intendere il significato e la portata del diritto del/la minore all’ascolto, tener presente le seguenti ulteriori precisazioni della Corte Suprema (Cass. sentenza n. 7281 del 2010): Il legislatore non ha più considerato il minore oggetto della potestà dei genitori e/o del potere officioso del giudice di individuarne e tutelarne gli interessi preminenti, ma quale soggetto di diritto, perciò titolare di un ruolo sostanziale nonché di uno spazio processuale autonomo. Ciò comporta la radicale modifica del suo ruolo di semplice destinatario di una decisione presa nel suo interesse da altri, ed il riconoscimento di un suo ruolo distinto nel processo giudiziario che lo/la riguarda, in quanto soggetto comunque coinvolto dalla decisione giudiziaria.

B - Interventi psicologici e socio-sanitari per il sostegno, la protezione e la cura di bambine, bambini ed adolescenti
Gli interventi di sostegno e di cura

7. Principio di beneficità e di legalità
Le iniziative dei servizi sociosanitari nell’interesse di un/a bambino/a o di un/un’adolescente, - ed anche le segnalazioni non previste dalla legge come obbligatorie, sono guidate da criteri di opportunità in funzione di finalità di benessere individuale e sociale e di prevenzione. Esse sono dunque governate dal principio di beneficità. Viceversa, la proposizione di un ricorso del pubblico ministero e delle parti private e la decisione del giudice rispondono innanzi tutto al principio di legalità, anche se temperato dalla considerazione dell'interesse del/della minore. La distinzione dell’azione di sostegno, protezione e cura dei servizi dalla tutela giurisdizionale dei diritti non esclude le interazioni e sinergie necessarie tra le agenzie sociali, sociosanitarie e giudiziarie.

8. Ascolto e consenso informato
I/le bambini/e, gli/le adolescenti e le loro famiglie non sono solo destinatari di diritti, ma anche soggetti per ciò stesso destinati ad esercitarli attivamente. E’ questa la ragione per la quale le persone interessate, e per quanto possibile in relazione all’età i/le bambini/e e gli/le adolescenti (come previsto espressamente dall’art 6 comma 2°della Convenzione di Oviedo sui diritti dell’uomo e la biomedicina ratificata con la l. n. 145 del 2005), devono partecipare attivamente ai progetti ed ai percorsi di sostegno, di protezione e cura che per legge si svolgono nell’ambito del regime del consenso informato, salvo i casi nei quali la legge prevede un trattamento sanitario obbligatorio (art. 32 comma 2°cost.).
L’affidamento al servizio sociale

9. Nozione
Quando l’Autorità Giudiziaria dispone l’ affidamento di un/una minore al servizio sociale, il servizio realizza con le proprie risorse professionali e strutturali l’intervento progettato nell’ambito del regime giuridico stabilito dal giudice. Adeguerà dunque autonomamente l’intervento sociosanitario alla normale evoluzione del caso. Il servizio segnalerà al pubblico ministero solo i fatti nuovi che richiedono anche la modifica del regime giuridico già stabilito, ovvero quando è escluso o attenuato il pericolo di pregiudizio per il minore, o quando il pregiudizio si è aggravato incidendo sui diritti anche relazionali della personalità [nota 2: così le Linee guida 2008 per i servizi sociali e socio-sanitari della Regione Veneto, pagg. 84–85].

10. Obiettivo generale
L’affidamento extrafamiliare si caratterizza per la temporaneità dell’intervento (e dunque della separazione) nella prospettiva del mantenimento o del recupero dei rapporti con i genitori naturali, o della valorizzazione ed il recupero di altre risorse familiari.

La collocazione extrafamiliare

11. Diritto del/della minore di crescere ed essere educato nell’ambito della propria famiglia
La cultura diffusa, le convenzioni internazionali, la Costituzione (art. 30 comma 1°e 2°) e le leggi vigenti rimarcano il diritto di ogni bambina/o a crescere ed essere educata/o nella propria famiglia. Solo quando questa non è in grado di provvedervi si applicano gli istituti dell’affidamento familiare e dell’adozione (art. 1 comma 1° e 2° l. 184 del 1983 e succ. modifiche) per assicurare comunque al/la bambino/a il “diritto ad una famiglia” (nuovo titolo della l. 184 del 1983 introdotto dalla L. n. 149 del 2001).

12. Necessità di una decisione del giudice per convalidare gli allontanamenti di emergenza o per stabilire un regime giuridico alternativo
L’allontanamento dalla residenza familiare di un/una minore, incidendo su diritti fondamentali o per gravi motivi di protezione del/la minore o per decisione giudiziaria, deve essere convalidato o disposto con provvedimento motivato dell’Autorità Giudiziaria competente e nel rispetto del contraddittorio tra le parti.

13. Diritto alla vita familiare e tempi dell’interruzione dei rapporti del/la minore con i genitori
L’interruzione dei rapporti tra figlio/a minore e genitori e familiari senza la modifica definitiva ed irreversibile del rapporto di filiazione (adozione) dà luogo ad una situazione eccezionale che incide sul diritto alla vita familiare riconosciuto dall’art. 8 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali (CEDU). Particolare attenzione va prestata ai tempi in cui questa si protrae. La Corte Europea dei Diritti Umani (Corte EDU) ricorda che “il trascorrere del tempo può avere conseguenze irrimediabili sulle relazioni tra il figlio minore ed il genitore che non vive con lui... “ Perciò “un ritardo nella procedura rischia sempre in simili casi di risolvere la controversia con un fatto compiuto. L’effettivo rispetto della vita familiare richiede che le relazioni future tra genitore e figlio siano regolate unicamente in base a tutti gli elementi pertinenti e non dal semplice trascorrere del tempo” Corte EDU, sent. 24 febbraio 2009 Errico c/Italia r. n. 29768/05).

14. Collocazione extra familiare ed obbligo positivo di rispetto della vita familiare
Perciò, in conformità agli insegnamenti predetti della Corte EDU, quando la collocazione extra familiare del/della minore si protrae, è responsabilità dei soggetti istituzionali che sono intervenuti agire con tempestività ed attenzione per evitare lunghe istituzionalizzazioni o il radicarsi di situazioni affidamento, già previste come temporanee e reversibili, che incidono di fatto sul diritto alla vita familiare del/della bambino/a e dei suoi genitori tanto più intensamente quanto più tenera è l’età del/della bambino/a.

15. Poteri e responsabilità degli affidatari
Come previsto dalla legge (art. 5 L. 184 del 1983 e succ. mod.) alle famiglie affidatarie competono l'accoglienza, l'educazione, l'istruzione del/della minore, il mantenimento dei rapporti ordinari con la scuola e con altri servizi sociali e sanitari. Ai genitori esercenti la potestà o al tutore spettano le altre decisioni di carattere straordinario. In caso di collocamento del/la minore in una comunità di accoglienza, a quest’ultima egualmente competono l'accoglienza, l'educazione e l'istruzione ed il mantenimento dei rapporti ordinari del/la minore con la scuola e con i servizi sanitari. La famiglia affidataria o la comunità di accoglienza dovranno collaborare al mantenimento e alla cura del rapporto del/della minore con i genitori.

L’allontanamento dall’ambiente familiare

16. Diritto ad una revisione giudiziaria
Considerato che l’allontanamento di un/a bambino/a dai suoi genitori e familiari incide sul diritto fondamentale alla vita familiare (art. 8 CEDU), va assicurata immediatamente dopo ogni allontanamento effettuato dagli organi competenti nelle condizioni di emergenza previste dall’art. 403 c.c. la revisione giudiziaria prevista dall’art. 9 della Convenzione di New York (ratificata con l. n. 176 del 1991), che si svolgerà nel contraddittorio tra le parti interessate davanti ad un giudice terzo ed imparziale.

17. Allontanamento di emergenza di un minore
L’art. 403 del codice civile stabilisce quali sono gli interventi di emergenza: “Quando il minore è moralmente o materialmente abbandonato, o è allevato in locali insalubri o pericolosi, oppure da persone per negligenza immoralità, ignoranza o altri motivi incapaci di provvedere alla educazione di lui, la Pubblica Autorità a mezzo degli organi di protezione dell’infanzia lo colloca in luogo sicuro sino a quando si possa provvedere in modo definitivo alla sua protezione”.

18. Ruolo del PM e promozione della revisione giudiziaria
Il Pubblico Ministero minorile, soggetto legittimato dalla legge a presentare un ricorso davanti al giudice terzo ed imparziale (artt. 336 comma 1°c.c. e art 9 comma 2°l. 184 del 1983 e succ. modifiche) per sollecitare anche provvedimenti urgenti, assicurerà un turno di reperibilità di 24 ore su 24 per ricevere tempestivamente le segnalazioni relative agli interventi realizzati ai sensi dell’art. 403 c.c.. Tali comunicazioni, oltre a consentire le necessarie interlocuzioni che assicurano la correttezza dell’allontanamento di emergenza attuato dal servizio nel rispetto della competenza giurisdizionale del Tribunale per i Minorenni e della sua imparzialità e terzietà, consentono anche l’effettivo coordinamento tra le iniziative della Procura per i minorenni per la tutela giurisdizionale del minore (tutela civile del minore) e le indagini ed altre iniziative dirette all’accertamento e la repressione degli eventuali reati di maltrattamento, abuso sessuale, lesioni della Procura presso il Tribunale Ordinario, attraverso un contatto diretto tra i magistrati interessati nel rispetto di un Protocollo di coordinamento tra tutte le Procure del Distretto.

19. Dimensione ed obiettivi dell’intervento
Gli interventi di protezione sociale e di tutela giurisdizionale dei diritti, soprattutto quando comportano un allontanamento del/la minore dalla famiglia, non devono essere focalizzati esclusivamente sul/la bambino/a, ma comprendono necessariamente il rapporto che lo/la lega alla sua famiglia e al suo ambiente sociale di vita, nell’obiettivo ultimo del ricongiungimento familiare qualora i genitori e la famiglia allargata siano capaci di provvedere alla crescita all’educazione del/la minore, come previsto dall’art. 1 comma 4 legge 184 del 1983 e succ. modifiche).

PARTE II - Repertorio di buone prassi psicologiche, sociali e sanitarie per l’attuazione dei provvedimenti giudiziali in tema di tutela dei diritti anche relazionali del/la minore a rischio di pregiudizio.

La segnalazione

1. Consenso informato
Le informazioni relative ad una possibile situazione di rischio in cui si trova un/a bambino/a o un/un’adolescente, da qualsiasi fonte provengano, devono essere vagliate nell’ambito del regime del consenso informato delle persone interessate. La segnalazione all’autorità giudiziaria diviene necessaria solo quando viene a mancare la collaborazione o si presume che gli interventi progettati non siano sufficienti a rimuovere gli ostacoli.

2. Motivazione
Il semplice sospetto non basta per avviare una procedura di verifica innanzi all’autorità giudiziaria. Tale procedura deve essere motivata dalla presenza di una grave incuria e/o di un maltrattamento continuato e pervasivo tale da determinare gravi difficoltà nelle possibilità/capacità di adattamento dei/le figli/e, e comunque da riscontri fattuali gravi e circostanziati il più possibile diretti e non de relato.

3. Successivi accertamenti
La segnalazione di grave pregiudizio per i minori, da parte dei servizi sociali e sociosanitari alla Procura per i minorenni, deve essere circostanziata e deve essere immediatamente seguita, nell’ambito del processo, da accurati accertamenti della situazione sia sul piano sociale sia su quello clinico, nel rispetto del diritto al contraddittorio delle parti coinvolte.

4. Diritto di contraddittorio
Sin dall'avvio del procedimento giudiziario ed in ogni fase, stato e grado dello stesso deve essere assicurata a tutte le parti e ai loro consulenti la possibilità di interloquire, partecipare, collaborare, intervenire, nel rispetto del principio del contradditorio, anche al fine di garantire la tutela e la promozione dei diritti relazionali dei soggetti coinvolti i quali potranno avvalersi nel corso degli accertamenti della presenza di un proprio consulente.

5. Segnalazione e protezione
La segnalazione non interrompe l’azione di protezione svolta dai servizi, perché il percorso giudiziario è solo eventuale. Gli operatori socio sanitari non sono esonerati dalla responsabilità di proseguire il progetto di presa in carico del minore e dei suoi congiunti nell’ambito del regime del consenso informato.
Criteri di valutazione e metodologie dell’intervento

6. Metodologia dell’accertamento
La valutazione diagnostica e prognostica, realizzata con gli strumenti e i protocolli propri della psicologia e dei servizi socio-sanitari, deve essere multidimensionale e deve quindi tener conto delle caratteristiche individuali del/della minore (comprese l’origine etnica, religiosa, culturale e linguistica), delle sue competenze cognitive, emotive e relazionali, della complessità delle sue relazioni sociali, di quelle della famiglia e dell’ambiente in cui egli/ella è inserito/a. Dovrà inoltre essere vagliata la presenza/assenza dei fattori di rischio e protettivi e la probabilità di cambiamento delle condizioni date.

7. Valutazione socio-ambientale e valutazione psicologico- cliniche
E’ necessario effettuare una distinzione tra le valutazioni sociali e le valutazioni psicologico-cliniche, effettuate da operatori con diverse specifiche competenze. Il processo di assessment psicosociale prevede comunque un’integrazione tra i diversi piani valutativi sopra indicati.

8. Interventi e risorse disponibili e implementabili
Gli interventi di sostegno e di cura (preventivi, riabilitativi e terapeutici) rivolti ai/alle minori ed ai loro familiari devono essere progettati e realizzati sulla base delle risorse individuali, familiari e di quelle disponibili nel contesto locale, per promuovere un processo di recupero, di valorizzazione e di implementazione delle loro capacità e di positivo sviluppo delle relazioni all’interno del nucleo familiare. Ogni azione di sostegno e cura può essere effettuata nell’ambito della beneficità con la collaborazione dei genitori, valutando costantemente l’efficacia e i risultati previsti in relazione ai costi sociali dell’intervento erogato.

9. Interventi e rapporto costi/benefici
Occorre privilegiare gli interventi in grado di offrire gli esiti più efficaci e soddisfacenti in relazione ai costi sociali ed economici. La valutazione delle relazioni costi/benefici deve avvenire prima di ogni decisione dell’autorità giudiziaria. Gli operatori non possono considerare tale variabile in relazione ad azioni di emergenza per la tutela del/la minore e/o in sede di attuazione delle disposizioni del giudice.

10. Attuazione dei decreti
L’operatore non può in alcun caso opporsi dal dare attuazione ad un decreto dell’autorità giudiziaria, salvo gravi fatti accaduti in data seguente all’emissione del decreto che ne possono determinare una revisione. Non vi sono motivi economici che possono ostacolare gli interventi di emergenza previsti dall’art. 403 c.c.

11. Tempi dell’intervento
Particolare attenzione va prestata alla definizione dei tempi degli interventi, i quali devono essere compatibili con le esigenze legate allo sviluppo psicologico e fisico del/della bambino/a o del/della ragazzo/a, nel rispetto del suo diritto alla vita familiare. Ogni progetto d’intervento dovrà comprendere un tempo di attuazione non superiore ai sei - otto mesi, al termine del quale dovrà essere svolta una verifica relativa ai risultati raggiunti utilizzando strumenti di valutazione affidabili e confrontabili.

12. Progetto-quadro
Ogni progetto d’intervento strutturale a favore di una/o bambina/o e delle sue relazioni dovrà specificare obiettivi, fasi, azioni, tempi di attuazione e criteri di valutazione adottati, con riferimento al modello teorico utilizzato. Alla sua predisposizione devono partecipare tutti i servizi coinvolti e deve essere reso disponibile in ogni momento alle parti. Il progetto - quadro include le azioni dettagliate e coerenti con gli obiettivi previsti per la sua realizzazione, la definizione delle responsabilità degli attori coinvolti, i criteri di verifica di processo e di risultato atteso, l’indicazione dell’operatore/i di riferimento per il/la minore e la sua famiglia. Gli operatori che redigono il progetto devono scorporarlo da documenti che includono informazioni non relative al progetto stesso.

13. Esplicitazione del progetto
In ogni fase dell’intervento deve essere redatto un progetto in cui siano indicati esplicitamente e in forma scritta:
1) obiettivi,
2) azioni,
3) fattori di rischio e protezione del/la minore, delle sue risorse individuali (resilience) e familiari e del contesto sociale di riferimento,
4) attese di risultato.

14. Fattori di successo e rischi di insuccesso
I fattori di successo ed i rischi di insuccesso di ciascuna azione dell’intervento promosso dovranno essere esplicitamente indicati per ciascuna fase insieme alle azioni correttive previste in caso di mancata aderenza al risultato previsto. Essi includono le risorse presenti nei genitori, nella famiglia allargata e nell’ambiente sociale di appartenenza, la loro disponibilità ad accettare gli interventi di sostegno previsti e le capacità di resilienza e adattive presenti nei figli. Tali parametri di valutazione dovranno essere definiti ed indicati a priori al fine di formulare una valutazione in itinere secondo criteri ripetibili e confrontabili.

15. Progetto educativo individuale
Nel caso in cui il progetto quadro preveda l'affidamento extrafamiliare o l'inserimento in una comunità educativa (diurna o residenziale) o familiare, deve essere redatto anche un progetto educativo individuale (in collaborazione con il/la minore e con la sua famiglia) in cui siano delineati i percorsi e le metodologie educative e gli impegni assunti dalle parti. Il progetto deve essere redatto in forma scritta e reso disponibile alle parti in ogni momento della procedura.

Allontanamento dall’ambiente familiare

16. Criteri di decisione
Qualora si configuri una condizione di grave pregiudizio tale da indicare la necessità di una separazione temporanea del/della bambino/a o del/della ragazzo/a dalla propria famiglia, chiunque sia chiamato ad intervenire è tenuto a verificare:
- che il/la minore sia effettivamente in una condizione di pericolo e/o di grave lesione dei suoi diritti relazionali;
- che la situazione presente del/della minore non possa essere modificata in modo autonomo o attraverso interventi da porre in essere;
- che l’allontanamento sia meno pregiudizievole rispetto alla permanenza in famiglia, considerando i pattern di attaccamento presenti nel/nella minore e la qualità dei suoi legami affettivi.

17. Interventi in emergenza
Il ricorso all’art. 403 c.c. per un intervento di protezione deve avvenire solo quando si sia esclusa la possibilità di altre soluzioni e sia accertata una condizione di assoluta urgenza e di grave rischio, ovvero in presenza di grave abbandono morale e materiale o di sollecitazioni traumatiche o gravemente stressanti rivolte a soggetti non in grado di sviluppare reazioni di adattamento sufficientemente efficaci. Gli operatori che si trovano ad effettuare un allontanamento in tali situazioni intervengono per poter collocare il/la minore in ambiente protetto in attesa della convalida dell’allontanamento da parte dell’autorità giudiziaria.

18. Tempi e modalità
L’allontanamento va attuato con un intervento tempestivo, caratterizzato da tempi e modalità rispettose della dignità delle persone coinvolte (art. 32 comma 2° Cost.), che soddisfi l’esigenza di ridurre i possibili elementi traumatici dell'allontanamento per il/la minore e per i suoi familiari, ed assicuri il diritto alla riservatezza del soggetto più debole: il/la minore.

19. Attenzione al rapporto costi/benefici
L’allontanamento dei/delle minori dalla famiglia d’origine può essere ipotizzato nell’emergenza o nelle situazioni per le quali non è ipotizzabile una soluzione con il solo intervento domiciliare. I danni causati da interventi di allontanamento dall’ambiente familiare devono essere necessariamente inferiori a quelli ipotizzati in caso di permanenza in ambiente familiare. E’ necessario infatti elaborare, insieme al progetto di intervento, una valutazione dei costi/benefici/tempi di attuazione, che consentano valutazioni in itinere nel rispetto del contraddittorio.

20. Specializzazione e distinzione dei ruoli e delle funzioni
Gli operatori incaricati dell’attuazione di un allontanamento devono essere specializzati. E’ necessario prevedere la costituzione di un’equipe multi – professionale distinguendo i ruoli degli operatori incaricati dell’allontanamento (funzione di controllo) e di quelli cui è delegata la presa in carico del minore (sostegno psicologico e/o psicoterapia) e della famiglia (parent training) per favorire il mantenimento o la ripresa dei rapporti dei soggetti interessati (intervento educativo, di sostegno psicologico e/o di cura).

21. Utilizzazione e funzioni delle forza pubblica
La forza pubblica potrà essere utilizzata in via residuale solo se necessario, per notificare il provvedimento agli esercenti la potestà, in concomitanza con l’allontanamento del/la minore o per evitare la presenza di adulti (familiari o persone estranee) che possano ostacolare l’attuazione del provvedimento. Essi dovranno essere allontanati qualora adottino comportamenti tali da determinare un aggravamento del disagio del/la minore.

22. Ostacoli al diritto alla bigenitorialità
Nel caso in cui un genitore ostacoli e/o osteggi l'esercizio del diritto del minore alla bigenitorialità tali condotte vanno tempestivamente segnalate all'Autorità Giudiziaria, la quale potrà attuare interventi amministrativi, civili eventualmente anche sanzionatori, penali; tali interventi dovranno essere tempestivi onde evitare che la situazione si radichi e si stabilizzi. Nel caso in cui siano stati disposti incontri in spazio neutro tra uno dei due genitori ed il figlio/la figlia, eventuali difficoltà e rifiuti dovranno essere affrontati non attraverso provvedimenti coercitivi nei confronti di quest’ultimo/a bensì adottando prescrizioni e/o sanzioni anche punitive a carico del genitore che si rifiuti di collaborare e di facilitare il passaggio del figlio/della figlia all’altro genitore.

Collocazione extrafamiliare

23. Temporaneità dell’intervento
L’affidamento extrafamiliare si caratterizza per la temporaneità dell’intervento (e dunque della separazione) nella prospettiva del mantenimento o del recupero dei rapporti con i genitori naturali, o della valorizzazione ed il recupero di altre risorse familiari.

24. Incontri in spazio neutro
Gli incontri del/della bambino/a con i familiari dovranno avvenire in spazi neutri appositamente individuati, nell’ambito di un progetto di sostegno delle capacità e delle relazioni tra minore e familiari. Dovranno essere illustrati ai familiari i criteri adottati per l’eventuale osservazione di tali incontri. Nel caso emergessero comportamenti potenzialmente lesivi per il/la bambino/a, si potrà giungere alla sospensione degli incontri stessi con contestuale segnalazione all’autorità giudiziaria. La frequenza e la durata degli incontri devono essere adeguate allo stadio di sviluppo psico-affettivo del/della bambino/a, comunque mantenendo una cadenza non inferiore ad una volta alla settimana, salvo diversa indicazione da parte dell’autorità.

25. Mantenimento dei rapporti figli-genitori
La famiglia affidataria e/o la comunità di accoglienza dovranno collaborare al mantenimento e alla cura del rapporto del/della minore con i genitori, rispettando le indicazioni offerte dal progetto educativo individualizzato.
Il documento proposto, la Carta di Civitanova Marche, risponde al peculiare intento degli estensori di offrire alla comunità di operatori e studiosi alcuni fondamentali criteri che guidano l’applicazione dei provvedimenti che riguardano la vicenda dei/delle minori. Beninteso, si tratta di indirizzi e buone prassi che dovranno essere puntualmente aggiornati anche alla luce delle esperienze condotte sul campo. In ogni caso gli estensori sono certi che la Carta di Civitanova Marche potrà essere immediatamente divulgata e resa operativa da parte di tutti gli aderenti ed i soggetti interessati.

Si ringraziano il Prof. Giovanni Battista Camerini e gli altri illustri estensori - Cristina Cabras, Paolo Carnevali, Daniela Catullo, Mario Cavallaro, Rosanna Della Corte, Gesi Dignani, Alessandro Fanuli, Tiziana Magro, Luca Muglia, Lorella Nicoziani, Alberto Pepe, Marina Quadrini, Gustavo Sergio, Laura Volpini - per il prezioso contributo scientifico alla selezione e riorganizzazione delle linee d'indirizzo e delle cc.dd. buone prassi in materia di disciplina dei provvedimenti relativi ai diritti di relazione dei minori.

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