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PRIVACY - Videoriprese, controlli difensivi e patrimonio aziendale.

Written by Avv. Salvatore Frattallone. Posted in Privacy

Cassazione penale, Sez. V, 18.03/01.06.2010, n° 20722

Controlli privacy "a distanza" sui lavoratori.
Lo Statuto dei lavoratori richiede un accordo sindacale.
Ma non vieta i cd. "controlli difensivi" sul patrimonio aziendale pregiudicato da azioni delittuose commesse da chiunque, anche da un dipendente durante l'orario di lavoro.
Lo Statuto dei lavoratori, dunque, riconosce garanzie che non si traducono in una protezione per il lavoratore infedele.
La prova video con una telecamera occulta non è acquisita mediante violazione di un divieto di legge (art. 4 L. n° 300/70).

Sono perciò utilizzabili ex art. 191 C.p.p. le prove di reato raccolte tramite videoriprese (effettuate con telecamera installata all'interno di un bar da cui risultava che la cassiera, dato il resto a cliente, prelevava una banconota e se la infilava in tasca), ancorchè l'imputato sia un lavoratore subordinato, se il datore abbia avuto sospetti d'infedeltà.  

Cassazione penale, Sez. V, 18.03/01.06.2010, n° 20722

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMBROSINI Giangiulio, Presidente
Dott. FERRUA    Giuliana, Consigliere
Dott. ROTELLA   Mario, rel. Consigliere
Dott. OLDI      Paolo, Consigliere
Dott. SCALERA   Vito, Consigliere
ha pronunciato la seguente:

sentenza


sul ricorso proposto da: 1) B.D., n. il (omissis);
avverso  la  sentenza  n.  2478/2008 Corte d'Appello di Venezia, del 18.05.2009;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in Pubblica udienza del 18.03.2010 la relazione fatta dal Consigliere Dott. Rotella Mario;
Udito  il Procuratore Generale in persona del Dott. Cedrangolo Oscar, che ha concluso per l'inammissibilità;
Udito il difensore Avv. Gatti G., in sost. Avv. Calvetti.

Fatto
RITENUTO
1 - La Corte di appello di Venezia ha ridotto a m. 6 recl., con generiche equivalenti e riduzione per rito abbreviato, la pena inflitta dal Tribunale di Treviso a B.D., derubricando l'imputazione di furto aggravato in quella di appropriazione indebita aggravata di una somma di denaro di ammontare tra i 1000 ed i 2000 Euro, prelevata dalla cassa dell'esercizio pubblico "(omissis)", nel quale prestava lavoro come cassiera.
La motivazione spiega che la prova emerge da videoriprese effettuate con telecamera installata all'interno del bar che, secondo teste di PG, mostrerebbero in due occasioni che la cassiera, dato il resto a cliente, sollevava lo scomparto destinato alla banconote, prelevandone una che infilava in tasca, dopo essersi guardata intorno ed aver chiuso la cassa. E la Corte di merito, con riferimento a giurisprudenza (Cass., Sez. 3, n° 8042/07), ha respinto eccezione di inutilizzabilità delle riprese.
Il ricorso denuncia:
1 - inosservanza di norme a pena di inutilizzabilità, in relazione al dettato del L. n° 300 del 1970, artt. 4 e 38 (Statuto dei lavoratori), perchè la videocamera è stata collocata senza previo accordo per il controllo dell'imputata nello svolgimento delle sue attività lavorative;
2 - vizio di motivazione e violazione di legge in punto di pena perchè, pur essendo il delitto già aggravato dall'art. 61 n° c.p., il fatto è ritenuto grave a fine di quantificazione ed in punto di responsabilità per l'affidamento a giudizio dell'ispettore G. circa quanto si vede dal filmato, mentre già è incerto che si tratti di banconote.
2 - Il 1^ motivo di ricorso è infondato.
Le norme degli artt. 4 e 38 dello Statuto dei lavoratori tutelano la riservatezza del lavoratore nello svolgimento della sua attività, anche perchè la sua libertà di comportamento contribuisce al risultato che con il lavoro assicura all'azienda. Perciò stesso, inversamente, la tutela della sua riservatezza si correla all'osservanza del proprio dovere di fedeltà.
In questi termini, sentenza risalente di questa Corte in caso analogo a quello in esame (Sez. 2 pen., n° 8687/85, Gambino), con riferimento alla L. n° 300 del 1970, artt. 2, 3 e 4, ha riconosciuto che, quando sul lavoratore addetto alla registrazione degli incassi si appuntino sospetti di infedeltà, i controlli attivati dal datore di lavoro risultano legittimi, in quanto il comportamento, in tal caso illecito e contrario al dovere di collaborazione, esulando dalla sua specifica attività, realizza un attentato al patrimonio dell'azienda.
Di seguito questa Corte riconosce in sede civile i cd. "controlli difensivi" nei seguenti termini: "Ai fini dell'operatività del divieto di utilizzo di apparecchiature per il controllo a distanza dell'attività dei lavoratori previsto dalla L. n° 300 del 1970, art. 4, è necessario che il controllo riguardi (direttamente o indirettamente) l'attività lavorativa, mentre devono ritenersi certamente fuori dell'ambito di applicazione della norma sopra citata i controlli diretti ad accertare condotte illecite del lavoratore" (Cass. sez. Lav., n° 4746/02, CED rv. 553469, e n° 15892/07, che appunto esclude il controllo che abbia per fine proprio le concrete modalità lavorative).
In sintesi, la finalità di controllo a difesa del patrimonio aziendale non è da ritenersi sacrificata dalle norme dello Statuto dei lavoratori.
Passando a questo punto alla questione di inutilizzabilità, il principio si afferma nei seguenti termini: "gli artt. 4 e 38 dello Statuto dei lavoratori implicano l'accordo sindacale a fini di riservatezza dei lavoratori nello svolgimento dell'attività lavorativa, ma non implicano il divieto dei cd. controlli difensivi del patrimonio aziendale da azioni delittuose da chiunque provenienti. Pertanto, in tal caso non si ravvisa inutilizzabilità ai sensi dell'art. 191 c.p.p. di prove di reato acquisite mediante riprese filmate, ancorchè sia perciò imputato un lavoratore subordinata.
Il 2^ motivo è manifestamente infondato e di merito insieme.
Da un lato, difatti, travisa la valutazione di gravità intrinseca del fatto per quella circostanziale additiva e propone criteri alternativi in punto di pena.
Dall'altro, in assenza di concrete allegazioni, ripete eccezione meramente suppositiva, volta a porre in via alternativa in sede di mero controllo di legittimità in discussione la prova per se stessa, non la correttezza del ragionamento dei Giudici di merito, fondato su quanto ha determinato il controllo difensivo della proprietà, il cui esito ha offerto conferma insuperata.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
Così deciso in Roma, il 18 marzo 2010.
Depositato in Cancelleria il 1 giugno 2010

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