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PRIVACY - Con il Jobs Act, è caduto il divieto di tracciare la navigazione sul web del lavoratore ai fini di una contestazione disciplinare.

Scritto da Avv. Salvatore Frattallone. Pubblicato in Privacy

Con il Jobs Act è caduto il divieto di tracciare la navigazione sul web del lavoratore ai fini di una contestazione disciplinare. Anteriormente i cosiddetti controlli a distanza sui lavoratori era lecita soltanto ove sussistessero delle esigenze di sicurezza o di tutela del patrimonio aziendale.
Lo ha stabilito, con Sentenza sentenza n° 32760 del 2021, la Suprema Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, ha preso atto dell'intervenuta modifica legislativa e ha respinto il ricorso di legittimità  - confermando le decisioni di merito di primo e di secondo grado, - di una azienda  che, quale datrice di lavoro, aveva sanzionato disciplinarmente un proprio dipendente (sospensione di un giorno di sospensione dal lavoro e dallo stipendio per aver navigato la settimana prima delle ferie natalizie) per aver navigato sulla rete in orario di lavoro visitando siti di carattere commerciale.

Dunque, l'attività di controllo datoriale necessitava del previo accordo sindacale ex art. 4, co. 2 St senza cui la condotta del dipendente non avrebbe potuto venire contestata, nè l'azienda aveva mai intesto addurre la c.d. finalità difensiva del controllo.

La Sezione Lavoro di Piazza Cavour, infatti, ha statuito che é bene chiarire che i fatti oggetto di causa sono precedenti l'entrata in vigore del D.L.vo 14.09.2015, n. 151 che ha modificato in senso più restrittivo l'art. 4 L. 300/1970, stabilendo che la disposizione di cui al comma 1 (gli impianti audiovisivi e gli altri strumenti dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori possono essere impiegati esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale) non si applica agli strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa e agli strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze. In sostanza dopo il cd. Jobs Act, gli elementi raccolti tramite tali strumenti possono essere utilizzati anche per verificare la diligenza del dipendente nello svolgimento del proprio lavoro, con tutti i risvolti. L'orientamento di questa Corte (Cass. n° 16622/2012, id. n°19922/2016), da cui non si ha motivo di discostarsi, evidenziava l'effettività del divieto di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori, richiedente, anche per i cd. controlli difensivi, l'applicazione delle garanzie dell'originario art. 4, secondo comma, legge 20 maggio 1970 n. 300; con la conseguenza che se per l'esigenza di evitare attività illecite o per motivi organizzativi o produttivi, il datore di lavoro può installare impianti ed apparecchi di controllo che rilevino anche dati relativi alla attività lavorativa dei dipendenti, tali dati non possono essere utilizzati per provare l'inadempimento contrattuale dei lavoratori medesimi. Ne consegue che, nel caso concreto, i dati acquisiti dal datore di lavoro nell'ambito dei suddetti controlli difensivi non potevano essere utilizzati per provare l'inadempimento contrattuale del lavoratore. La società non aveva provato che i controlli fossero funzionali alla salvaguardia del patrimonio aziendale. Anzi i fatti accertati mediante il sistema informatico sono stati sostanzialmente utilizzati per contestare al lavoratore la violazione dell'obbligo di diligenza sub specie di aver utilizzato tempo lavorativo per scopi personali. In questo senso depone anche il richiamo contenuto nella lettera di contestazione disciplinare per violazione della 'policy' aziendale, secondo cui la rete aziendale è esclusivamente uno strumento di lavoro, "senza fare cenno alcuno alla particolare pericolosità dell'attività di collegamento in rete rispetto all'esigenza di protezione del patrimonio aziendale.

 

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