Penale

PENALE - Ascolto della ex con un cellulare in auto e interferenze illecite nella vita privata.

plafoniera

Non integra il reato di cui all'art. 615 bis c.p. (interferenze illecite nella vita privata) la condotta di chi spia la propria ex fidanzata con un cellulare nascosto nell'auto della donna, con suoneria disattivata e meccanismo automatico di risposta, così da registrare le conversazioni che avvengono nell'abitacolo, atteso che l'autovettura che si trova sulla pubblica via non rientra nella nozione di privata dimora ex art. 614 c.p.

Cassazione penale, Sez. V, 06.03/09.07.2009, n. 28251, P.A.+1

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:                       
Dott. CALABRESE Renato Luigi - Presidente
Dott. COLONNESE Andrea - Consigliere
Dott. MARASCA   Gennaro - Consigliere       
Dott. SCALERA   Vito - Consigliere          
Dott. BRUNO     Paolo Antonio - Consigliere
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da: P.M. presso il Tribunale di Potenza; nei confronti di: 1) P.A., n. il (omissis); 2) D.G.G., n. il (omissis); avverso Ordinanza del 19/12/2008 del Tribunale per la Libertà di Potenza; sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARASCA Gennaro; Udito  il  Pubblico Ministero in persona del Dott. DI POPOLO  Angelo, che  ha  concluso  per  l'annullamento  con  rinvio  della  ordinanza impugnata  o  in  subordine per rimettere la questione  alle  Sezioni Unite Penali; Udito il difensore degli imputati avvocato CIMADORO Donatello, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
FATTO

Osserva
Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Potenza aveva chiesto la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti di P.A., vicequestore, e D.G.G., imprenditore Wind, per violazione degli artt. 615 bis o 617 bis c.p., nonchè per la violazione degli artt. 314 e 323 c.p. per il solo P.
I due si sarebbero procurati indebitamente notizie attinenti la vita privata di M.E.T., con la quale il P. aveva avuto una relazione sentimentale, poi interrottasi per volontà di lei, installando nell'auto della donna nel vano della luce di cortesia un telefono cellulare, con suoneria disattivata, su cui era impostata la funzione di risposta automatica in modo da consentire la ripresa sonora di quanto avveniva nell'auto.

Il GIP presso il Tribunale di Potenza escludeva che fosse ravvisabile il delitto di cui all'art. 615 bis o 617 bis c.p.,  riteneva insufficienti gli indizi in relazione all'art. 314 c.p., mentre in relazione all'abuso in atti di ufficio disponeva la sospensione dall'ufficio del vicequestore P.
Gli appelli delle parti venivano rigettati dal Tribunale della libertà di Potenza con ordinanza del 19 dicembre 2008.
Con il ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica di Potenza deduceva, con riferimento agli artt. 615 e 617 bis c.p., la inosservanza ed erronea applicazione della legge penale di cui all'art. 606 c.p.p., lett. b), e la contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione ex art. 606 c.p.p., lett. e).
Le questioni sottoposte al vaglio della Suprema Corte possono così sintetizzarsi:
a) se l'automobile, con riferimento al reato di cui all'art. 615 bis c.p. possa o meno considerarsi un luogo di privata dimora ai sensi dell'art. 614 c.p., norma espressamente richiamata dall'art. 615 bis c.p.;
b) se il divieto di cui all'art. 617 bis c.p. concerna o meno gli strumenti di comunicazione;
c) se la espressione altre forme di trasmissione a distanza di suoni, di cui all'art. 623 bis c.p., sia riferita all'oggetto della intercettazione o allo strumento di captazione.
I motivi di ricorso non sono fondati.
Le norme in discussione - artt. 615 bis e 617 bis c.p. - tutelano la riservatezza, o meglio la libertà morale delle persone, individuabile in rapporto all'ambiente e agli strumenti di comunicazione.
La disposizione dell'art. 615 bis c.p. tutela la riservatezza di notizie ed immagini e fa riferimento ai soli luoghi indicati nell'art. 614 c.p., e cioè l'abitazione e la privata dimora.
Orbene l'autovettura che si trovi sulla pubblica via non è ritenuta, dalla giurisprudenza della Suprema Corte formatasi essenzialmente in materia di intercettazioni tra presenti, luogo di privata dimora (vedi da ultimo n. 4125/07 - 235601, n. 13/05 - 230533 e Cass., Sez. 5^ penale, 30 gennaio - 18 marzo 2008, n. 12042).
Tale indirizzo trova conferma nella pronuncia delle Sezioni Unite Penali n. 26795 del 2006, che, con affermazione che, sebbene resa nel contesto della interpretazione della normativa processuale in tema di videoriprese, appare di carattere generale, ha osservato che non c'è dubbio che il concetto di domicilio individui un rapporto tra la persona ed un luogo, generalmente chiuso, in cui si svolge la vita privata, in modo anche da sottrarre chi lo occupa alle ingerenze esterne e da garantirgli quindi la riservatezza. Ma il rapporto tra la persona ed il luogo deve essere tale da giustificare la tutela di questo anche quando la persona è assente. In altre parole la vita personale che vi si svolge, anche se per un periodo di tempo limitato, fa sì che il domicilio diventi un luogo che esclude violazioni intrusive, indipendentemente dalla presenza della persona che ne ha la titolarità, perchè il luogo rimane connotato dalla personalità del titolare, sia o meno questi presente.
Nemmeno gli artt. 617 bis e 623 bis c.p. risultano violati nel caso di specie. Tali disposizioni concernono, infatti, gli strumenti di comunicazione nel senso che l'art. 617 bis ha ad oggetto le attività volte ad intercettare o impedire comunicazioni e conversazioni che avvengono con il mezzo del telefono o del telegrafo o, a seguito dell'ampliamento della fattispecie derivante dalla applicazione della norma di chiusura contenuta nell'art. 623 bis c.p., con altre forme di trasmissione a distanza di suoni, immagini o altri dati e non possono con certezza riguardare anche le intercettazioni o gli impedimenti di conversazioni tra presenti (vedi oltre la citata Cass. 30 gennaio 2008 n. 12042, anche la n. 4264 del 2006).
Insomma i reati in questione sono ravvisabili quando un terzo si inserisca, con l'uso di apposite apparecchiature, in un canale di trasmissione di dati, cosa che non è avvenuta nel caso di specie.
Le pur interessanti osservazioni del Pubblico Ministero ricorrente non consentono di superare gli indirizzi giurisprudenziali indicati.
Non ricorrono i presupposti indicati dall'art. 618 c.p.p. per devolvere le questioni di diritto prospettate alle Sezioni Unite Penali, come richiesto dal Pubblico Ministero di udienza.
Per le ragioni indicate il ricorso deve essere rigettato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il data 6 marzo 2009.

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