Investigazioni

INVESTIGAZIONE PRIVATA - Nuove licenze, libera concorrenza e controllo prefettizio.

libera concorrenza

Il regime di libera concorrenza può rendere illegittimo il rigetto, da parte del Prefetto, dell'istanza con cui un nuovo soggetto ha chiesto d'entrare nel settore della vigilanza privata e/o dell'investigazione privata? Compete al Prefetto esprimere un apprezzamento in ordine al limite di saturazione dell'area territoriale di riferimento, in cui il nuovo operatore vorrebbe inserirsi, allo scopo di mantenere in equilibrio il mercato e di controllarlo in modo razionale?
Il T.A.R. Campania, pur reputando rilevante il profilo della tutela della sicurezza e dell'ordine pubblico, ha richiamato la precedente giurisprudenza sull'abuso di licenza ex art. 134 TULPS

(allorché venga svolta un'attività di prevenzione dei crimini contro le persone, ossia un servizio di ronda anticrimine a tutela non di beni immobili, ma delle persone, con possibilità di intervenire direttamente nel caso di “eventuali situazioni critiche”: tale attività, in quanto strettamente inerente alle funzioni di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, è infatti prerogativa esclusiva delle Forze di Polizia e non può ricomprendersi nell'ambito della licenza di investigatore privato ex art. 134 TULPS), stabilendo che, nella fattispecie, il provvedimento prefettizio impugnato era viziato poiché, nonostante il caso fosse stato circoscritto alla questione della carenza della c.d. capacità tecnica soggettiva, la P.A. aveva insistito nel ritenere che l'attestato di servizio e l'apprezzamento prodotti dal ricorrente non fossero idonei a dimostrare il suo possesso delle capacità di amministrare, dirigere e coordinare quadri direttivi ed amministrativi.
Il T.A.R. Campania ha difatti sancito il principio secondo cui "il provvedimento prefettizio che interviene in materia, pertanto, non può essere finalizzato a disciplinare o restringere la concorrenza fra imprese esercenti attività di vigilanza privata e tanto meno ad introdurre contingenti volti a creare un'ingiustificata barriera all'entrata di nuove società o ad assicurare alle imprese operanti nel settore un'ingiustificata posizione di oligopolio, considerato il favor dell'attuale “costituzione economica” per il regime di concorrenza in quanto, per definizione, meglio rispondente alle esigenze della generalità".
Per i Giudici amministrativi campani, infatti, l'eventuale diniego di autorizzazione di polizia ex art. 134 TULPS non può prescindere dall'evidenziare in concreto le esigenze di ordine pubblico e di sicurezza atte a precludere l'accesso al mercato di nuovi operatori, atteso che una lettura costituzionalmente compatibile, rispetto ai principi costituzionali espressi nell'art. 41 Cost., della disposizione di cui agli artt. 134 e 136 del TULPS (di matrice pre-costituzionale) - dopo la modifica dell'art. 118, u.c., Cost. relativa al c.d. principio di sussidiarietà - impone di conferire valore preminente ai sopravvenuti principi costituzionali e comunitari, tra cui quello di concorrenza, talché le limitazioni allo svolgimento dei servizi in questione devono trovare rigorosa giustificazione solo in quanto trattasi “di attività che... partecipino, sia pure occasionalmente, all'esercizio dei pubblici poteri” ovvero che “siano giustificate da motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanità pubblica” di cui agli artt. 45 e 46 del Trattato CEE.
Per il T.A.R. partenopeo, insomma, è "matura un'interpretazione adeguatrice della disciplina dettata in materia di autorizzazioni di polizia dal TULPS" e, anzi, "il provvedimento prefettizio di autorizzazione allo svolgimento delle imprese di servizi di vigilanza e di investigazione, in quanto espressione del predetto potere-dovere di controllo su tale attività, non può dunque, senza una valida ragione giustificatrice, incidere su principio del libero svolgimento delle attività economiche riconosciuto dall'art. 41 della nostra Costituzione e dai principi di concorrenza e di apertura del mercato di origine comunitaria".

T.A.R. Campania, Sez. V, Sentenza 09/17.02.2012, n° 842

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DELLA CAMPANIA
Sezione Quinta

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

Sul ricorso numero di R.G. n° 4225/2011 proposto dal Sig. F.I., rappresentato e difeso dagli Avv. Andrea Orefice e Alessandro Ferone e con domicilio eletto presso il loro studio in Napoli, Parco Comola Ricci n° 165;
contro
Ministero dell'Interno, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato e domiciliato ope legis presso gli Uffici in Napoli, Via A. Diaz n° 11;
per l'annullamento della nota del 22.02.2011 di rigetto dell'istanza presentata ex art.134 TULPS per gestire un istituto di vigilanza privata nell'ambito della Provincia di Napoli.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Vista la costituzione dell'Avvocatura Distrettuale dello Stato con successivo deposito di relazioni datate 04.07.2011 e 01.08.2011;
Vista la memoria di parte ricorrente;
Vista la documentazione depositata da parte ricorrente all'udienza pubblica;
Visti gli atti della causa;
Designato Relatore nell'udienza pubblica del giorno 09.02.2012 il Consigliere Gabriele Nunziata e uditi gli Avvocati come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

Fatto
Espone in fatto l'odierno ricorrente di essere amministratore unico della S.P. S.r.l. avente ad oggetto servizi di vigilanza privata, scorta e trasporto valori, investigazioni private e centrali satellitari e che con istanza del 02.02.2010 chiedeva il rilascio di autorizzazione a gestire un istituto di vigilanza privata ex art. 134 TULPS in vari Comuni della Provincia di Napoli.
Con nota del 23.06.2010 la Questura di Napoli rilevava il mancato possesso dei requisiti per non aver fornito sostanziali elementi di valutazione, limitandosi ad indicare l'esclusiva ed unica esperienza lavorativa, e per la inidoneità dei locali.
A seguito della comunicazione dell'avvio del procedimento finalizzato alla adozione di un provvedimento di diniego, il ricorrente depositava in data 09.08.2010 una memoria difensiva con copiosa documentazione, ma comunque la Questura di Napoli con nota del 04.10.2010 riteneva detta documentazione non satisfattiva.
In data 19.10.2010 il ricorrente presentava un'ulteriore integrazione all'istanza originaria e la Questura di Napoli con nota del 27.12.2010, pur riconoscendo che erano stati superati i profili di difetto di capacità tecnico oggettiva, lamentava la persistente mancanza di requisiti tecnico soggettivi, osservazioni fatte proprie nel provvedimento impugnato.
L'Avvocatura Distrettuale si è costituita per resistere al ricorso depositando relazioni dell'Amministrazione.
Alla pubblica udienza del 09.02.2012 la causa è stata chiamata e trattenuta per la decisione, come da verbale.

Diritto
1.Con il ricorso in esame il ricorrente deduce la violazione degli artt. 134 e ss. del R.D. n° 773/1931, del R.D. n° 635/1940, degli artt. 41 e 97 Cost., degli artt. 1, 2, 3, 6 e 7 della Legge n° 241/1990, nonché l'eccesso di potere.

2. Il Collegio ritiene preliminarmente di ribadire che, nella materia delle licenze di pubblica sicurezza, perché siano rispettati i principi costituzionali di eguaglianza e le libertà fondamentali riconosciute dalla Costituzione, i requisiti attitudinali o di affidabilità dei richiedenti di tali licenze devono pur sempre essere desunti da condotte del soggetto interessato, anche diverse da quelle aventi rilievo penale e accertate in sede penale, ma devono essere significative in rapporto al tipo di funzione o di attività da svolgere, non essendo ammissibile che da episodi estranei al soggetto finiscano per discendere conseguenze per lui negative, diverse ed ulteriori rispetto a quelle previste dalla legge e non suscettibili, secondo una valutazione ragionevole, di rilevare un'effettiva mancanza di requisiti o di qualità richieste per l'esercizio delle funzioni o delle attività di cui si tratta, traducendosi così in una sorta di indebita sanzione extralegale (T.A.R. Veneto, Sez. III, 14.04.2006, n° 1017).

2.1 L'Amministrazione può d'altra parte esercitare il suo potere nel rispetto dei canoni tipici della discrezionalità amministrativa, sia sotto il profilo motivazionale che sotto quello della coerenza logica e della ragionevolezza, dandosi conto in motivazione dell'adeguata istruttoria espletata al fine di evidenziare le circostanze di fatto in ragione delle quali il soggetto richiedente sia ritenuto pericoloso o comunque capace di abusi (Cons. Stato, Sez. IV, 05.07.2000, n° 3709).

Se, poi, gli elementi che vengono a tal fine in rilievo attengono a denunce penali, l'Autorità di polizia non può limitarsi a richiamarle acriticamente o a trarre dalle stesse un automatico giudizio negativo (TAR Calabria, Catanzaro, Sez. I, 01.03.2001, n° 352), ma deve operare un'autonoma valutazione dei fatti che ne sono alla base (TAR Lombardia, Milano, Sez. I, 21.08.2002, n° 3286), vagliare l'esito dei relativi procedimenti penali specialmente se si tratta di denunce assai risalenti nel tempo (TAR Campania, Napoli, Sez. IV, 10.01.1996, n° 30), verificarne con maggior rigore la rilevanza se intervenute in tempi remoti (TAR Campania, Napoli, III, 04.04.2002, n° 1859; TAR Lombardia, Milano, Sez. I, 25.06.2001, n° 4473) e in ogni caso adeguatamente esternare le ragioni per le quali se ne possono far scaturire indici significativi della inaffidabilità del soggetto.

3. Quanto poi alla specifica materia di cui alla presente controversia, la Sezione (11.06.2010, n° 13978; 07.05.2010, n° 3005; 28.02.2007, n° 1292) ha già avuto modo di evidenziare che lo svolgimento dell'attività propria degli istituti di vigilanza, pur concretando un esercizio di attività imprenditoriale privata, si colloca nella materia della polizia di sicurezza per gli evidenti riflessi che esercita sulla sicurezza e l'ordine pubblico, sia in quanto la predetta attività si pone come indiretto ausilio nel perseguimento delle finalità di interesse generale della sicurezza e della prevenzione dei reati, sia in quanto incide sulle generali condizioni di controllabilità del territorio da parte delle Forze dell'Ordine, siccome costituita da corpi organizzati autorizzati al porto delle armi, facenti capo ad apposite organizzazioni aziendali, anche complesse.

3.1 Il necessario contemperamento nel quadro dell'art. 41 Cost. tra l'iniziativa economica privata, che è libera, e l'utilità sociale, viene operato dall'Autorità di pubblica sicurezza competente lungo le linee guida del TULPS, mediante atti connotati da significativi margini di discrezionalità che sono riconosciuti dalla legge al fine precipuo di consentire il raggiungimento del giusto punto di equilibrio tra le opposte esigenze di garantire la libera iniziativa economica privata e di assicurare nel contempo che essa non vada a detrimento di altri interessi di pari o superiore rilievo e protezione costituzionale.

In quest'opera di bilanciamento va comunque riconosciuta una naturale preminenza all'interesse generale alla prevenzione e alla garanzia di efficacia della tutela della sicurezza e dell'ordine pubblico, spettando al giudice amministrativo un sindacato sulla verità dei presupposti di fatto presi a base della decisione e sulla razionalità complessiva, sulla coerenza logica e sulla proporzionalità e ragionevolezza della misura adottata, ma non sul merito della convenienza ed opportunità della scelta.

4. Occorre peraltro dare atto che, nella materia de qua, si sono registrati numerosi interventi dell'Autorità Antitrust e della giurisprudenza amministrativa, rivolti ad un maggiore apertura al mercato di questo delicato settore; in particolare i giudici amministrativi (ex multis, Cons. Stato, Sez. VI, 23.04.2007, n° 1823; id. 20.04.2006, n° 2197; Sez. V, 10.01.2005, n° 32; Sez. IV, 04.10.2005, n° 5282; id. 20.10.2005, n° 5900; id. 15.02.2005, n° 478; id. 06.03.2004, n° 1386; id. 07.09.2004, n° 5782; id. 06.07.2004, n° 5012; id. 26.11.2001, n° 5938; id. 28.10.1999, n° 1643; id. 23.10.1991, n° 849; T.A.R. Sardegna, 19.07.2006, n° 1511; id. 06.08.2003, n° 1005; id. 22.05.2002, n° 597; id. 18.03.2002, n° 284; Cons. Giust. Ammin., 23.12.1988, n° 24; T.A.R. Puglia, Bari, Sez. I, 08.02.2005, n° 394; TAR Lazio, Sez. I-ter, 13.10.2004, n° 10905; id. 09.06.2003, n° 5197; id. 16.03.2001, n° 2036; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. IV, 01.12.2004, n° 17813; id. 28.02.2005, n° 1317; TAR Lombardia, Brescia, 13.04.2002, n° 694; TAR Toscana, Sez. I, 16.12.2002, n° 3359; id. 24.11.1998, n° 662; T.A.R. Calabria, Catanzaro, 22.03.2001, n° 489; T.A.R. Umbria, 05.08.1998, n° 829; TAR Valle d'Aosta, 16.12.1994, n° 205; T.A.R. Friuli, 18.05.1991, n° 189; T.A.R. Puglia, Lecce, 11.12.1990, n° 1079) hanno rimarcato che i provvedimenti di diniego dell'autorizzazione all'esercizio dell'attività di vigilanza privata di cui all'art. 134 TULPS non possono essere motivati solo in base al numero degli Istituti, delle guardie e dei sistemi di vigilanza esistenti, ma devono dare ragione di come l'interesse pubblico sarebbe danneggiato dal rilascio di una nuova autorizzazione, a giustificazione del restringimento della sfera di libertà costituzionalmente garantita, in termini dunque di giudizio di eccessività e di negatività di una nuova autorizzazione sotto il profilo del turbamento che potrebbe derivare all'ordine pubblico da un eccesso di concorrenza.

Tale giudizio deve perciò fondarsi su concreti ed oggettivi elementi di valutazione, riscontrati con riferimento alla situazione esistente nell'ambito territoriale interessato, atti a dimostrare come l'ingresso di un nuovo soggetto nel settore eroderebbe quote di mercato essenziali a garantire il giusto profitto alle imprese operanti, così da costringere queste ultime a ridurre la qualità del servizio offerto con negativi riflessi sull'interesse all'ordine pubblico tutelato.

4.1 Apparirebbe del resto matura un'interpretazione adeguatrice della disciplina dettata in materia di autorizzazioni di polizia dal TULPS ai principi costituzionali espressi nell'art. 41 Cost., anche in considerazione della qualificazione degli istituti di vigilanza privata come “imprese commerciali esercitanti un servizio (la vigilanza, appunto) nell'interesse dei privati che lo richiedono verso un determinato corrispettivo (la "tariffa"), e cioè imprenditorialmente ed a fine di lucro” (Cass. Civ., Sez. I, 17.12.1994, n° 10863; nn° 1174 del 1972, 1959 del 1971 e 1740 del 1970).

Peraltro “la disciplina pubblicistica di siffatta attività - imposta dalla sua contiguità con quella, istituzionalmente e normalmente riservata allo Stato, relativa alla salvaguardia degli equilibri dell'ordine e della sicurezza pubblica e della tutela, sul piano preventivo e repressivo, delle persone e dei beni - ha un rilievo meramente esterno ed è volta soltanto al controllo dell'esercizio dell'attività medesima nella misura e nei limiti in cui esso può incidere su interessi pubblici anche costituzionalmente garantiti.

Ed è esclusivamente in tale dimensione che operano sia il provvedimento autorizzatorio cui l'esercizio dell'attività stessa è subordinata (art. 134, co. 1, R.D. n° 773 del 1931), sia i provvedimenti mediante i quali si realizzano i controlli, di legittimità e di funzionalità, demandati dalla legge alle autorità di pubblica sicurezza” (Cass. Civ., Sez. I, 17.12.1994, n° 10863).

Con tali premesse il provvedimento prefettizio di autorizzazione allo svolgimento delle imprese di servizi di vigilanza e di investigazione, in quanto espressione del predetto potere-dovere di controllo su tale attività, non può dunque, senza una valida ragione giustificatrice, incidere su principio del libero svolgimento delle attività economiche riconosciuto dall'art. 41 della nostra Costituzione e dai principi di concorrenza e di apertura del mercato di origine comunitaria.

L'interpretazione degli artt. 134 e 136 del TULPS, in quanto disposizioni volte alla regolazione delle attività in parola in un sistema pre-costituzionale ispirato a valori e principi diversi rispetto a quelli consacrati nella Costituzione e caratterizzato dal dirigismo statale delle attività economiche e dalla conseguente “funzionalizzazione” dell'autonomia privata, nonché da forme di intervento pubblico di regolazione del mercato mediante la pianificazione delle attività private e la correlata fissazione di contingenti, deve essere condotta in modo da salvaguardare la compatibilità di tali regole con i sopravvenuti principi costituzionali e comunitari; la concorrenza deve, cioè, essere tutelata come bene in sé in quanto assicurante in modo automatico il miglior equilibrio del mercato e la massima soddisfazione dell'interesse dei consumatori, mentre le limitazioni allo svolgimento dei servizi in questione possono essere giustificate, secondo lo spirito ed i principi ricavabili dalla disciplina comunitaria e nazionale in materia, solo in quanto trattasi “di attività che... partecipino, sia pure occasionalmente, all'esercizio dei pubblici poteri” ovvero che “siano giustificate da motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanità pubblica” di cui agli artt. 45 e 46 del Trattato CEE (T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I-ter, 10.03.2006, n° 1890).

4.2 Il provvedimento prefettizio che interviene in materia, pertanto, non può essere finalizzato a disciplinare o restringere la concorrenza fra imprese esercenti attività di vigilanza privata e tanto meno ad introdurre contingenti volti a creare un'ingiustificata barriera all'entrata di nuove società o ad assicurare alle imprese operanti nel settore un'ingiustificata posizione di oligopolio, considerato il favor dell'attuale “costituzione economica” per il regime di concorrenza in quanto, per definizione, meglio rispondente alle esigenze della generalità.

Inoltre tale atto, se negativo, deve evidenziare, mediante circostanziate motivazioni fondate su un'approfondita istruttoria, le esigenze di ordine pubblico e di sicurezza che rendono inopportuno l'accesso al mercato dei servizi in parola ad un nuovo operatore del settore, alla stregua di una lettura costituzionalmente compatibile della disposizione in esame con i principi e le norme risultati dalla Carta Costituzionale, come modificata a seguito della riforma del Titolo V, ed in particolare con l'art. 118, u.c., Cost. secondo il quale “Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale sulla base del principio di sussidiarietà”.

4.3 Pur con tali considerazioni, il Collegio reputa non irrilevante il profilo della tutela della sicurezza e dell'ordine pubblico, quale oggetto dell'apprezzamento, condotto dal Prefetto, circa il limite di saturazione dell'area territoriale di riferimento in cui chiede di andare ad agire il nuovo operatore che fa istanza per la licenza; il mantenimento di un giusto e accorto equilibrio di questo mercato è infatti garanzia di concorrenza fisiologica e non esasperata e di razionale controllabilità di questi corpi armati da parte dell'Autorità amministrativa.

Sul punto la Sezione (07.05.2007, n° 4760) ha, ad esempio, ritenuto che siano integrati gli estremi dell'abuso della licenza ex art. 134 TULPS allorché venga svolta un'attività di prevenzione dei crimini contro le persone, ossia un servizio di ronda anticrimine a tutela non di beni immobili, ma delle persone, con possibilità di intervenire direttamente nel caso di “eventuali situazioni critiche”: tale attività, in quanto strettamente inerente alle funzioni di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, è infatti prerogativa esclusiva delle Forze di Polizia e non può ricomprendersi nell'ambito della licenza di investigatore privato ex art. 134 TULPS che resta circoscritta “alle investigazioni e alla raccolta di informazioni per conto di privati, nonché alla ricerca ed alla individuazione di elementi di prova ai fini della difesa penale”.

5. Nella fattispecie il Collegio ritiene che il provvedimento prefettizio impugnato sia viziato, con assorbimento degli ulteriori profili di doglianza, nella misura in cui, pur dopo che - nota del 27.12.2010 della Questura di Napoli - si era circoscritto l'esame al profilo del difetto di capacità tecnica soggettiva, si è insistito nel ritenere che l'attestato di servizio e l'apprezzamento prodotti non fossero idonei a dimostrare il possesso delle capacità di amministrare, dirigere e coordinare quadri direttivi ed amministrativi, così mostrando di ignorare l'esperienza ultradecennale di parte ricorrente quale responsabile della centrale operativa dell'Istituto I.S., nonché quale amministratore unico della N.M. S.r.l., ciò per tacere dei compiti organizzativi e di coordinamento connessi al ruolo di Rappresentante Sindacale Aziendale.

5.1 In questi termini risulta, pertanto, censurabile l'operato dell'Amministrazione che, in maniera del tutto illegittima, ha rigettato l'istanza che aveva attivato il relativo procedimento, pur senza evidenziare criteri e parametri in ragione dei quali l'esperienza di parte ricorrente nel settore della vigilanza privata è stata ritenuta insufficiente, così opponendosi di fatto un ingiustificato ostacolo all'entrata nel settore di un nuovo soggetto, in palese violazione del sopracitato favor dell'attuale “costituzione economica” per il regime di concorrenza in quanto meglio rispondente alle esigenze della generalità.

6. Alla luce di quanto sopra deve ritenersi che il ricorso in esame vada accolto, con conseguente annullamento della nota oggetto di impugnazione. Sussistono giusti motivi per disporre la compensazione tra le parti delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sul ricorso come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, annulla la nota oggetto di impugnazione. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità Amministrativa.
La Sentenza è depositata presso la Segreteria del Tribunale che provvederà a darne comunicazione alle parti.
Così deciso in Napoli, nella Camera di Consiglio del 09.02.2012 con l'intervento dei magistrati:
Pres. Vincenzo Fiorentino
Cons. Vincenzo Cernese
Cons. Gabriele Nunziata Est.
Depositata in Segreteria il 17.02.2012

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