Penale

PENALE - Udienza di rinvio e scadenza termine di deposito lista testi.

deposito atto processuale in scadenza


È possibile depositare la lista testi, se il termine è già scaduto, in ipotesi di rinvio ad altra udienza fissa? Se il dibattimento resta nella fase preliminare e non vengono compiuti per la prima volta gli atti introduttivi, la parte che non abbia ancora depositato una propria lista ex art. 468 C.P.P. è abilitata a presentarla in vista della prossima udienza?

La Cassazione ribadisce che, poiché è rilevante il momento in cui s’instaura effettivamente il contraddittorio tra le parti, anziché quello della data indicata nel decreto di citazione a giudizio, l’esatto momento processuale a cui ancorare il termine dei sette giorni prima dell’udienza (quale dies ad quem) è rappresentato dalla data di effettiva trattazione del processo in dibattimento.

 

L’orientamento ormai consolidato – su cui cfr. anche Cass. Pen., Sez. V, 03.06.04; id., 20.04.04, ced. 229138; id, Sez. V, 01.09.99; id. Sez. VI, 11.05.95 – è stato precisato dalla seguente pronuncia, secondo cui espressamente “nell'ipotesi in cui sia disposto il rinvio del dibattimento a udienza fissa, prima che sia esaurita la fase degli atti introduttivi, è consentito alla parte depositare una nuova lista testimoniale, in quanto tale rinvio va equiparato a quello a nuovo ruolo, comportando l'obbligo del rinnovo della citazione a giudizio, di cui tiene luogo, per i presenti, l'avviso orale della nuova udienza. Ne consegue che, in tale ipotesi, le parti riacquistano interamente i diritti non espressamente esclusi da precise disposizioni normative e, quindi, anche quello di depositare la lista dei testi antecedentemente alla udienza di rinvio, in relazione alla quale va computato il relativo termine finale. Tale conclusione è conforme alla "ratio" dell'istituto in esame, che è quella di evitare l'introduzione di prove a sorpresa prima che il dibattimento abbia concretamente inizio”.
D’interesse, sul punto, anche Cass. Pen., Sez. VI, Sent. n° 23753 del 20.04/21.05.2004, secondo la quale “La giurisprudenza di questa Corte è infatti costante nell'affermare che, nelle ipotesi di rinvio del dibattimento a nuovo ruolo in relazione alla prima udienza, le parti riacquistano interamente i diritti che non sono loro preclusi da precise disposizioni normative e conservano quindi la facoltà di presentare le liste testi che ritengono meglio rispondenti alla loro impostazione processuale sino a sette giorni prima della data fissata per la nuova udienza. Soluzione, questa, pienamente conforme alla ratio dell'art. 468 C.P.P. giacché - riproponendo anche in relazione alla "nuova" prima udienza il termine di sette giorni per la presentazione delle liste testi - evita comunque che si verifichi l'introduzione di prove a sorpresa prima che il dibattimento abbia concretamente inizio (cfr, ex plurimis, Cass. Pen., Sez. III, Sent. n° 4711 del 02.03.1994; Cass. Pen., Sez. V, Sent. n° 390 del 31.10.1996/24.01.1997)”.

Cassazione Penale, Sez. II 14.10/26.11.2010 n° 42058

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ESPOSITO   Antonio, Presidente

Dott. PAGANO     Filiberto, Consigliere

Dott. TADDEI     Margherita, Consigliere

Dott. BRONZINI   Giuseppe, Consigliere

Dott. CHINDEMI   Domenico, Consigliere

ha pronunciato la seguente:

Sentenza

sul Ricorso proposto da: difesa di L.D., nato il (omissis);

avverso la Sentenza del 09.10.2009 della Corte d'Appello di Lecce;

udita  la  relazione  fatta  dal Consigliere  Dott.ssa  Margherita Bianca Taddei;

udito  il  Procuratore Generale, in persona di Dott. Antonio Gialanella, che   ha  concluso  per  l'annullamento  con  rinvio  della  sentenza impugnata.

Osserva

Avverso la Sentenza indicata in epigrafe, che in parziale riforma della Sentenza del Tribunale di Lecce del 21.0.2006, ha assolto L.D. da uno degli episodi in contestazione al capo a) e ha rideterminato la pena in anni uno e mesi nove di reclusione ed € 750 di multa, ricorre la Difesa dell'imputato, chiedendo l'annullamento della sentenza e deducendo i motivi di seguito indicati:

a) con il primo motivo il ricorrente lamenta la nullità della sentenza per la mancata assunzione di prove decise ai sensi dell'art. 493 c.p.p.

Infatti, la Corte di merito, pur riconoscendo la fondatezza della doglianza, ha ritenuto superfluo escutere i testi inseriti nella lista della Difesa, che, con decisione illegittima ed autonomamente impugnata, non era stata ammessa dal giudice di prime cure, perché le circostanze sulle quali avrebbero dovuto deporre i testi di parte già emergevano, aliunde, agli atti.

Il ricorrente si duole di tale decisione affermando che l'escussione dei testi avrebbe sicuramente consentito di acquisire elementi chiarificatori della condotta tenuta dal P. nella controversia di lavoro che lo oppone al L.D., suo datore di lavoro e sulla attendibilità delle dichiarazioni rese nel processo.

b) con il secondo motivo si deduce il vizio di motivazione per contraddittorietà e illogicità in ordine alla valutazione data alle dichiarazioni rese dalla parte lesa, che comunque si pongono in contrasto con le altre prove dichiarative acquisite.

Il ricorrente critica sotto diversi aspetti l'attendibilità di tali dichiarazioni, che non reggerebbero al vaglio logico e che sono in contrasto con le altre deposizioni testimoniali affermando anche che non può escludersi che le dichiarazioni accusatorie del P. siano state ispirate dal risentimento per il licenziamento subito e che le testimonianze di cui è stata negata la rilevanza avrebbero potuto evidenziare le incongruenze del narrato della persona offesa.

c) con il terzo motivo rileva la contraddittorietà della motivazione della Sentenza nel punto in cui dopo aver ritenuto che nel mese di (omissis) la parte civile aveva percepito l'intero salario, in maniera illogica e contraddittoria non ha assolto l'imputato dal punto 3) dell'imputazione;

d) con il quarto motivo rileva che dalla motivazione della Sentenza emerge che la parte civile ha conseguito un vantaggio economico dopo il licenziamento e la riassunzione in termini di salario percepito, sicché non potrebbe configurarsi il danno ingiusto che qualifica il reato contestato.

Inoltre, è emerso che il L.D. aveva agito non per danneggiare il dipendente ma per pagare contributi previdenziali in misura ridotta; mancherebbe, pertanto, l'elemento del danno mentre le minacce erano dirette ad assicurarsi complicità nella realizzazione di una truffa in danno dell'INPS. Ne consegue che al L.D. doveva essere contestata la diversa l'ipotesi delittuosa di cui all'art. 611 c.p.

Motivi della decisione

2. Il primo motivo di ricorso non può trovare accoglimento.

2.1. Invero, per un verso deve riconoscersi che la doglianza del ricorrente trae fondamento nella elaborazione giurisprudenziale di questa Corte di legittimità che ha individuato il principio di diritto secondo il quale il giudice d'appello ha l'obbligo di disporre la rinnovazione del dibattimento solo quando la richiesta della parte sia riconducibile alla violazione del diritto alla prova, non esercitato non per inerzia colpevole, ma per forza maggiore o per la sopravvenienza della prova dopo il giudizio o quando la sua ammissione sia stata irragionevolmente negata dal giudice di primo grado e che in tutti gli altri casi la rinnovazione del dibattimento è rimessa al potere discrezionale del giudice (rv 226977; rv 228462) e che, nel caso in esame, del tutto irragionevolmente il giudice di prime cure dichiarò tardiva ed inammissibile la lista testi depositata dal ricorrente successivamente alla prima udienza del processo, del 26.10.2000, durante la quale, tuttavia, non fu svolta alcuna attività processuale di rilievo e non vi fu apertura del dibattimento.

2.2 A questo proposito va precisato che è principio giurisprudenziale consolidato di questa Corte quello secondo il quale in tema di termine per il deposito della lista testimoniale, nell'ipotesi in cui sia disposto il rinvio del dibattimento a udienza fissa, prima che sia esaurita la fase degli atti introduttivi, è consentito alla parte depositare una nuova lista testimoniale, in quanto tale rinvio va equiparato a quello a nuovo ruolo, comportando l'obbligo del rinnovo della citazione a giudizio, di cui tiene luogo, per i presenti, l'avviso orale della nuova udienza. Ne consegue che, in tale ipotesi, le parti riacquistano interamente i diritti non espressamente esclusi da precise disposizioni normative e, quindi, anche quello di depositare la lista dei testi antecedentemente alla udienza di rinvio, in relazione alla quale va computato il relativo termine finale. Tale conclusione è conforme alla "ratio" dell'istituto in esame, che è quella di evitare l'introduzione di prove a sorpresa prima che il dibattimento abbia concretamente inizio.

2.3 Tanto premesso, va però rilevato che, nella sostanza, non può ritenersi che si sia concretizzata la lesione del diritto alla prova perché la difesa, come emerge dalla motivazione della Sentenza a pag. 6/7 e come peraltro riportato nello stesso Ricorso, ha provveduto a depositare, nella stessa udienza del 21.03.2006, in cui è stata dichiarata tardiva la presentazione della lista testi integrativa, i verbali delle testimonianze acquisite nelle cause di lavoro che hanno contrapposto il L.D. all'ex dipendente P.
La Corte d'Appello ha ritenuto tali verbali un idoneo ed esaustivo surrogato delle testimonianze di cui si chiedeva l'acquisizione in sede penale, perché vertenti sulle stesse circostanze indicate nei capitolati di prova e nell'ambito di una corretta dialettica garantista del contraddittorio.

2.4 La decisione della Corte territoriale si conforma pienamente ai due parametri giurisprudenziali, datati e consolidati, dettati da questa Corte di legittimità, in materia di principio di disponibilità della prova: quello secondo il quale tale principio, affermato nell'art. 190, co. 1,  C.P.P. si accompagna, secondo quanto previsto nella medesima disposizione, all'attribuzione al giudice della facoltà di escludere le prove manifestamente superflue o irrilevanti e quello, sempre relativo allo stesso principio di disponibilità della prova, secondo il quale il vizio di mancata assunzione di una prova decisiva è configurabile soltanto allorché la denegata prova, confrontata con le ragioni addotte a sostegno della decisione, sia di natura tale da poter determinare una diversa conclusione del processo, ma non quando trattasi di fatto insuscettibile di incidere effettivamente e, quindi, in concreto, sulla formazione del convincimento del giudice, risolvendosi soltanto in una delle diverse prospettazioni valutative che informano la fisiologica dialettica tra le opposte parti processuali (rv. 195605).

2.5 Tutto ciò risponde all'esigenza di assicurare un adeguato iter processuale rispettoso dei principi costituzionali relativi anche alla ragionevole durata del processo e comporta che spetta al giudice, regolatore di tale iter, la valutazione in ordine alla non manifesta inconducenza o irrilevanza delle prove dedotte dalle parti.

2.6 Tale valutazione, se immune da vizi logico-giuridici, presuppone un apprezzamento di merito che sfugge al sindacato di legittimità, così come da ultimo puntualizzato dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n° 15208 del 25.02.2010 (rv. 246585).

2.7 Inammissibili sono gli ulteriori motivi di ricorso.

2.8 Con il secondo motivo ed il terzo motivo si sollecitano alla Corte di legittimità pronunce che sottendono l'esame di atti del procedimento e una valutazione del materiale probatorio che le sono preclusi, proprio a causa della natura peculiare degli interventi demandati a questa Corte. Infatti, nel momento del controllo di legittimità, la Corte di Cassazione non deve stabilire se la decisione di merito proponga effettivamente la migliore possibile ricostruzione dei fatti, né deve condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune e con "i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento", secondo una formula giurisprudenziale ricorrente (Cass. pen., Sez. V, Sent. n° 1004 del 30.11.1999/31.01.2000, rv 215745; Cass. Pen., Sez. II, Sent. n° 2436 del 21.12.1993/25.02.1994, rv. 196955).

2.9 Il quarto motivo oltre a presentare le stesse caratteristiche dei precedenti motivi è inammissibile anche perché dedotto per la prima volta in sede di legittimità.

2.10 Il ricorso, per i motivi che precedono, deve essere rigettato.

3. Ai sensi dell'art. 616 C.P.P., con il provvedimento che rigetta il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 14.10.2010.

Depositato in Cancelleria il 26.11.2010

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