Penale

PENALE - Clandestinità, tenuità del fatto e giustificato motivo ex art. 34 D.L.vo 274/00

gravidanza

 

La Suprema Corte ha cassato con rinvio la Sentenza con cui il Giudice di Pace di Padova aveva condannato, ex art. 10-bis D.L.vo 286/98, una cittadina straniera in stato di gravidanza, per essersi illegalmente trattenuta nel territorio dello Stato Italiano, senza tener conto della possibilità di applicare l'istituto della particolare tenuità del fatto previsto dall'art. 34 D.L.vo 274/00.
La Cassazione ha censurato la decisione del giudice a quo confermando, sulla scorta della linea interpretativa fornita dalla Corte Costituzionale con la Sentenza n° 250 del 09.06.2010,

l'operatività - anche per il reato di clandestinità - dello strumento delll'improcedibilità per particolare tenuità del fatto, ritenuto meccanismo idoneo a controbilanciare la mancata attribuzione, nel sistema giuridico vigente, della dovuta rilevanza, nel caso di commissione della contravenzione in esame, alla scriminante del "giustificato motivo".
Nel giudizio di rinvio in sede penale, peraltro, il Giudice di prossimità patavino (con Sentenza del 27.05.11),
riesaminando la fattispecie, si è conformato al principio di diritto di enunciato dai giudici di legittimità nel giorno della festa della donna e, per l'effetto, ha applicato alla straniera imputata la disposizione di cui all'art. 34 D.L.vo 274/00, conseguentemente dichiarando il reato improcedibile per particolare tenuità del fatto e, quindi, disponendo il prosciglimento della prevenuta.

 

immigrazione clandestina

 

Cass., 1a Sez. Pen., Sentenza n° 08.03/01.04.2011, n° 332
Registro Generale n° 37866/2010

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
PRIMA SEZIONE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Severo Chieffi, Presidente
Dott. Enzo Ianelli, Consigliere
Dott. Luigi Pietro Caiazzo, Consigliere
Dott. Marcello Rombolà, Consigliere
Dott. Raffaele Capozzi, Rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da: (omissis) nata in Moldavia il (omissis)
avverso la sentenza  n° 347/2010 del Giudice di Pace di Padova del 09.07.2010;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in pubblica udienza del 08.03.2011 la relazione fatta dal Consigliere, Dott. Raffaele Capozzi;
udito il Procuratore Generale, in persona del Dott. Fausto De Santis, che ha concluso per l’annullamento con rinvio della Sentenza impugnata;
udito il difensore, Avv. Salvatore Frattallone, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 09.07.2010 il Giudice di Pace di Padova ha condannato (omissis) alla pena di € 3.400,00, siccome ritenuta penalmente responsabile del reato di cui all’art. 10 bis del decreto legislativo 25.07.1998 n° 286, introdotto dall’art. 1, comma 16, lettera a), della legge 15.07.2009 n° 94 (per essersi illegalmente introdotta nel territorio dello Stato Italiano ed esservi ivi illegalmente trattenuta).
2. Il Giudice di Pace, stante l’allarme sociale arrecato dallo stato di clandestinità delle persone illegalmente entrate nel paese, non ha ritenuto di tener conto dello stato di gravidanza dell’imputata, ex art. 34 decreto legislativo n° 274 del 2000.
3. Avverso della sentenza propone ricorso per cassazione (omissis) per il tramite del suo difensore, che ha dedotto violazione e falsa applicazione di norme di legge, in quanto il Giudice di Pace non aveva valutato, alla stregua di ordine al suo ingresso illegale in Italia, sussistessero o meno i presupposti per applicare in suo favore l’istituto deflattivo costituito all’art. 34 del decreto legislativo n° 274 del 2000, si da ritenere il reato a lei contestato improcedibile per particolare tenuità del fatto, essendo la (omissis) , pur clandestina, in stato di gravidanza.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso proposto da (omissis) è fondato. 
2. Il reato a lei contestato è previsto dall’art. 10 bis del decreto legislativo 25.07.1998 n° 286, così come inserito dall’articolo 1, comma 16, lettera a), della legge del 15 luglio 2009 n° 94, entrata in vigore l’8 agosto 2009 e consiste nell’avere la (omissis) fatto ingresso ed esservi trattenuta nel territorio dello Stato, l’assenza di un giustificato motivo. 
3. La motivazione adotta dalla sentenza impugnata per ritenerla colpevole del reato ascrittole non è condivisibile, per non avere essa tenuto conto di quanto statuito dalla Corte Costituzionale con sentenza n° 250 del 09.06.2010.
Detta sentenza ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 10 bis decreto legislativo 25 luglio 1998 n° 286, aggiunto all’art. 1, comma 16, lettera a), della legge 15 luglio 1998 n° 94, nella parte in cui non prevede, tra gli elementi costitutivi del reato di ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato, l’assenza di un giustificato motivo.
Era stata cioè denunciata una disparità di trattamento rispetto all’ipotesi di reato di cui all’art. 14, comma 5-ter, del decreto legislativo n° 286 del 1998 (violazione dell’ordine del Questore di lasciare il territorio dello Stato), atteso che in tale ultimo reato figura la formula “senza giustificato motivo”, la quale consente di tener conto di situazioni ostative di particolare pregnanza, tali da incidere sulla stessa possibilità di adempiere all’intimazione di lasciare il paese, escludendola ovvero rendendola difficoltosa o pericolosa.
La Corte Costituzionale ha tuttavia ritenuto che la mancata previsione del “giustificato motivo” nel reato contravvenzionale di cui all’art. 10-bis del decreto legislativo n° 286 del 1998, contestato dall’odierna ricorrente, non comporta violazione del principio di uguaglianza sancito dall’art. 3 della Costituzione, in quanto, per la contravvenzione anzidetta, è da ritenere operante un diverso strumento di moderazione dell’intervento sanzionatorio e cioè l’istituto dell’improcedibilità per particolare tenuità del fatto, di cui all’art. 34 del decreto legislativo n° 274 del 2000, reso applicabile dall’attribuzione della competenza per il reato in esame al Giudice di Pace, istituto la cui disciplina è, com’è noto, riferita a varie ipotesi, quali l’esiguità dell’offesa all’interesse del tutelato: l’occasionalità della violazione; il ridotto grado di colpevolezza; il pregiudizio che il procedimento penale è idoneo ad arrecare alle esigenze di lavoro, di studio, di famiglia o di salute dell’imputato; e tale istituto, secondo la corte Costituzionale, è idoneo a controbilanciare la mancata attribuzione di rilievo al “giustificato motivo”. 
4. Ora, dall’esame della succinta motivazione addotta dal Giudice di pace di Padova per ritenere l’odierna ricorrente responsabile della contravvenzione ascrittole emerge che essa, in violazione dei principi costituzionali sopra illustrati, non spiega perché lo stato di gravidanza in cui la ricorrente versa non possa essere valutata in suo favore ai sensi dell’art. 34 del decreto legislativo n° 274 del 2000. 
5. La sentenza impugnata va pertanto cassata, con rinvio degli atti al Giudice di Pace di Padova in diversa composizione, affinchè, in piena autonomia, rinnovi il giudizio nei confronti della ricorrente, tenendo conto della lacuna motivazionale sopra rilevata.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata, limitatamente all’applicazione dell’art. 34 D.L.vo n° 274/2000, e rinvia per nuovo giudizio al Giudice di pace di Padova.
Così deciso l’8 marzo 2011
Depositata in Cancelleria 1 aprile 2011

In bài này Gửi Email bài này

I più letti