Written by Avv. Salvatore Frattallone. Posted in Penale
Può tenersi conto due volte dello stesso elemento, a favore o contro il reo, in sede di potere discrezionale del giudice nell'applicare la pena al colpevole? L'art. 132 c.p. stabilisce infatti che il magistrato giudicante, ai fini del trattamento sanzionatorio, esercita una discrezionalità vincolata (altrimenti qualificata "regolamentata"), dovendo dar ragione, per evitare che il suo potere sconfini nell'arbitrio, dei criteri legali assunti, cioè motivando sia in termini retributivi di gravità complessiva del fatto, sia per ciò che attiene alla prevenzione speciale, ovverosia alla capacità a delinquere quale attitudine del reo a commettere crimini, a pena di nullità della sentenza di condanna. I parametri a cui ancorare la dosimetria della pena inflitta sono peraltro gli indici di cui all'art. 133 c.p. che, rubricato "gravità del reato: valutazione agli effetti della pena", fissa i rigorosi criteri della quantificazione della sanzione penale. Può accadere però che il medesimo elemento - ad esempio i precedenti giudiziari dell'imputato - venga utilizzato più volte dal giudice di merito, come nel caso in cui ne tenga conto in sede di determinazione di un aggravamento di pena ma anche per negare la concessione delle circostanze attenuanti generiche od anche per determinare la misura della pena. La VI Sezione penale della S.C., con Sentenza n° 403 del 1991, aveva stabilito che è ben possibile la doppia valutazione degli elementi previsti dall'art. 133 c.p., a patto che il giudice se ne serva per finalità diverse e per giudizi differenziati.
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Written by eda. Posted in Penale
Se a Tizio viene sequestrata della merce, detenuta per la vendita, perché ritenuta dalla polizia giudiziaria frutto di contraffazione, è sostenibile che il falso non è punibile, perché all’evidenza grossolano?
Secondo la Suprema Corte il falso grossolano configura un’ipotesi di reato impossibile soltanto se è tale da “escludere erga omnes un’imitazione ingannevole”.
La grossolanità realizzerebbe, infatti, un’azione che non presenta il necessario grado di offensività previsto per il delitto di cui all’art. 474 c.p. e, pertanto, non risulterebbe punibile ex art. 49, co. 2, c.p.
Nel caso di specie, la S.C. ha statuito che per dimostrare la grossolanità non basta la descrizione delle “[...] modalità e [del]le condizioni di vendita, [del]le caratteristiche dei disegni, [del]la nazionalità del venditore, [del]il livello del prezzo”, dovendosi richiedere ai fini dell’esclusione del reato, che la grossolanità sia riconoscibile ictu oculi e che il falso sia originato da “[…] un’imitazione così ostentata e macroscopica per il grado di incompiutezza da non poter ingannare nessuno” (Cass. Pen., Sez. II, n° 25073 del 03.06.2010; Cass. Pen., Sez. II, n° 518 del 15.11.2005; Cass. Pen., Sez. V, n° 3336 del 26.01.2000).
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